Pensieri
di Iginio Ugo Tarchetti
L ‘AMORE
L’amore è Dio, è l’universo, e
l’universo è amore.
I giovani che non si sono
trovati per gran tempo al contatto della società, a cui lo
studio e il ritiro hanno conservato qualche cosa di vergine
nella loro natura, concepiscono raramente degli affetti
colpevoli. Il loro primo amore è sempre un amore purissimo,
talora tutto ideale, sdegnoso di un pensiero che lo contamini, e
spinto al puritanesimo più rigoroso; oltre a ciò l’amore non
sembra proprio che dell’età dell’innocenza- epoca in cui si ama
tutto e non si odia nulla- e coloro che non amarono in quell’età,
amarono difficilmente nel resto della vita. Vediamo non meno
come gli stessi uomini corrotti non si astengano mai dal rendere
un omaggio all’amor puro e costante, e tutta l’umanità operi, e
parli, e scriva di esso o per esso dacché è sulla terra, e lo
consideri come la religione più nobile e più sublime dell’anima
umana. Da tutto ciò parmi poter dedurre una cosa, la natura
celeste di quel sentimento.
La maggior efficacia
dell’abitudine apparisce nella durabilità degli affetti. L’amore
può sorgere da cause svariatissime, non di rado potenti, ma la
sua forza non l’attinge mai che dall’abitudine. E’ dessa che
rafforza i vincoli della famiglia, che accomuna e armonizza
caratteri opposti, che conserva alle nostre affezioni, anche
cessate, quel non so che di esigente , di doveroso, di
inesorabile, a cui ci sottoponiamo senza resistere, ma di cui
non sappiamo darci ragione. Molte creature si amarono per tutta
la vita, pel solo motivo che ebbero la forza di amarsi da
principio per un paio di mesi : e sentiamo tuttosì esclamare :
come abbandonarci? È impossibile, è tanto tempo che ci amiamo!…
Si suol dire che l’amore non
mira che al possedimento e che con esso finisce, e non si
distingue tra la passione e l’amore. E’ la passione che si
uccide col possedimento, ma l’amore incomincia con esso e
perdura. L’una cosa è dei sensi, l’altra dell’anima. Si dovrebbe
dire degli amanti: si piacciono-dei coniugi si amano.
Questo amore che si rafforza col
progredire della vita, e sembra tanto più ingigantire quanto più
si distacca da essa, ci fa fede della sua continuazione al di là
della morte. Il dolore che accompagna il morire, il rimpianto
che lo segue, il desiderio che lasciamo di noi morendo sembrano
dirci che una sola cosa portiamo con noi dalla terra, l’amore.
LA DONNA
La donna è un capolavoro
abortito, il grande errore della creazione.
Le donne non hanno un carattere
proprio finché non amano; non hanno che un istinto
provvidenziale di piegarsi, d’informarsi a quello dell’uomo. Per
ciò esse sono quasi sempre quali gli uomini le fanno.
Ciò che gli uomini amano ed
ammirano soprattutto nella donna, senza saperlo, è la loro
fatuità.
La bontà nella donna è
debolezza, nell’uomo carattere; però più frequente in quella che
in questo.
L’uomo può portare nei suoi
affetti, nei suoi doveri, nelle sue azioni, molte forze che la
natura non ha dato alla donna. Il difetto essenziale della donna
è l’incompletazione, dell’uomo l’esuberanza.
Il legame più potente che ci
unisce alla donna è quello della maternità.
Quasi tutti i grandi uomini non
hanno sentito potentemente né gli affetti, né i vincoli della
famiglia, perché la loro mente e il loro cuore avevano di mira
tutta quanta l’umanità. Cristo rispondeva a sua madre: -"Donna,
che v’ha in comune tra me e te? “
Le donne non annettono
teoricamente alla loro virtù un atomo di quella importanza che
vi annettono gli uomini semplici e coscienziosi. Esse conoscono
meglio di noi il valore di ciò che danno. E’ difficile che un
uomo onesto possa essere tanto ammirato e desiderato da esse
come un libertino.
La nostra società ha fatto della
donna un puro strumento di piacere. Ogni donna non è considerata
oggi mai che sotto questo punto di vista. Esse stesse mostrano
di non considerarsi sotto un aspetto diverso. Non si pretende da
esse né ingegno, né virtù, né amicizia, non si chiede che
dell’amore e del piacere. Apprezzamento triste e degradante che
esse tuttavia non temono, o non comprendono.
Tutti i mali della società
dipendono da ciò; che si amano le donne o troppo o troppo poco.
In molta parte delle donne la
resistenza è vanità, o mancanza d’opportunità, o artificio;
prova evidente di ciò, che cedono quasi sempre alla sorpresa.
L’ingenuità nella donna è più
pericolosa della malizia.
Non vi è uomo sì abbietto che
non vi possa essere donna ancora più abbietta di lui; non vi è
uomo sì nobile, che non vi possa essere donna più nobile.
A che scopo dolerci delle donne?
Noi possiamo mostrare loro di conoscerle, di saperle apprezzare
nel loro valore, di tenerle anche in ispregio; esse sono
tuttavia ben certe che noi le ameremo sempre.
Nelle religioni di tutti i
paesi, nelle tradizioni di tutti i popoli la prima notizia che
si ha della donna accenna ad una seduzione. Le tradizioni
bibliche sono in ciò piene di molta sapienza. La prima donna si
fa sedurre, la prima volta, dal più vile degli animali, da un
rettile.
L’essenza di tutti i libri, di
tutte le tradizioni, di tutte le storie, si riduce a questo: una
moglie che inganna il marito, un marito che inganna la moglie, o
una moglie e un marito che s’ingannano a vicenda.
Gli uomini portano una
maschera-le donne due.
Le donne hanno interesse a
mostrarsi incapaci di sentire l’amicizia; mettono gli uomini
nella necessità di non chiedere loro che dell’amore.
FELICITA’ E DOLORE
Gli uomini non ripongono mai la
loro felicità in ciò che sono, ma in ciò che sperano di
divenire; e non so se sia per questa illusione che essi non
possono mai raggiungere la felicità, o se, appunto perché sanno
di non poterla mai raggiungere, la ripongono volentieri in
questa illusione.
Per quanto ci è dato argomentare
dalla festività e dalla quiete apparente di tutti gli animali,
il dolore morale sembra retaggio esclusivo dell’uomo. E suo
retaggio esclusivo sono quindi il riso ed il pianto; d’onde
parci poter dedurre che il sorriso non sia meno delle lacrime
un’espressione del dolore.
Vi è sempre nel fondo del cuore
una segreta malinconia che ci sforza a piangere.Se gioia v’è, o
apparisce, è la socievolezza che la produce come la scintilla
l’attrito, ma è una gioia fugace com’essa: -ogni uomo che è solo
è triste. Non bisogna osservar l’uomo nella società, dove la
società stessa e l’orgoglio nostro impongono la dissimulazione,
dove dalla dimenticanza altrui si è tratti a dimenticare sé
medesimi, ma è d’uopo osservarlo quando egli è solo, quando
pensa, opera, parla, medita, cammina e si agita come un essere
che soffre, e che espia. Io non so se la infermità
Allora si ha incominciato
realmente a soffrire, quando si ha imparato a tacere il proprio
dolore.
Pochi e grandi dolori fanno
l’uomo grande, piccoli e frequenti l’impiccioliscono; un fiotto
lava la pietra, una serie di goccie la trapassa.
Gli uomini giocano colla loro
felicità come i fanciulli, perduta la rimpiangono come uomini.
La grandezza è solitaria. Si
direbbe anzi che la solitudine è condizione della grandezza.
Tutte le intelligenze superiori, tutte le nature superiori sono
isolate- l’aquila vive sola, il leone solo.
I pensatori e i filosofi di
tutte le epoche e di tutti i paesi parlano dei loro tempi come
di tempi eccezionalmente scellerati. E’ logico arguire che gli
uomini siano stati scellerati in tutti i tempi.
Confessare altrui i propri
difetti è assai meno doloroso che confessarli a sé stessi.
Diffidate degli uomini che non
hanno passioni.
Vorrei essere un’iena,
addentrarmi nei sepolcri e pascermi delle ossa dei morti. A
questo mondo io non vedo che teschi e stinchi. Se una donna mi
bacia, io non sento che freddo; se mi sorride, vedo i suoi denti
a muoversi senza gengive, minacciando di uscirle di bocca; se mi
abbraccia, non ho che la sensazione di un corpo stringente e
pesante come la creta. All’oscuro una fanciulla amante mi
sembrerebbe un cadavere che sorge per effetto magnetico come la
rana di Galvani, destinato a cadere subito dopo sotto l’esanime
peso.
Fisiologia d'una
costoletta
-
Vuole un riso al salto , un arrosto annegato, dei
cavoli trascinati, del manzo soffocato, o
un mezzo pollame spezzato?
-
Giusto cielo! E chi non rimarrebbe atterrito da questa
nomenclatura? E può la scienza culinaria, la somma fra tutte le
scienze (come quella che è la causa prima ed immediata di tutte
le alte), la più antica, la più dolce, la più mite ad un
tempo, adottare un linguaggio così crudele ? Quel vecchio
cameriere pareva aver calzato il coturno, mentre mi
stava snocciolando quelle sue frasi, coll’enfasi, e assieme
colla gravità contegnosa d’un attore tragico.
-
Un mezzo pollame ! E di quanti membri? A tanto può giungere la
voracità lombarda? Il forestiero rimane strabiliato a quest’offerta,
perché non vi ha albergo in Milano, dove i camerieri
non vi offrano pel vostro dèjeneur un mezzo pollame.
Ma io sto per la costoletta, come quella parte della macchina
animale che è più d’appresso al cuore, perché , trattandosi
di cuori, ho sempre dato una preferenza coscienziosa a quelli
degli animali irragionevoli.
Da "Pagine di romanzo"
…a Napoli si urla, a Torino si piange, a
Firenze si sorride, ma a Milano si ride,-qui solamente-e di quel
riso pieno, sereno, olimpico, di cui ridevano un tempo gli dei
di Omero. Non è vero , mio caro, che la tristezza voglia sempre
la solitudine; vi sono dei momenti in cui si ha bisogno di esser
soli. Ma ciò avviene quando questo stato dell’animo non è
abituale, quando si è appena tanto malati da compiacersene- la
tristezza vera,continua, quella che ha la sua radice nel
carattere esige i contrasti, la scossa; ed ecco perché anche gli
infelici si trovano bene qui, questi perché infelici, gli altri
perché non lo sono- ecco perché vi si trovano tutti bene.
@
Home
|