Iginio Ugo Tarchetti e la  Scapigliatura

                     sito letterario di Francesca Santucci

 

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Pensieri

di Iginio Ugo Tarchetti

 

L ‘AMORE

L’amore è Dio, è l’universo, e l’universo è amore.

 

I giovani che non si sono trovati per gran tempo al contatto della società, a cui lo studio e il ritiro hanno conservato qualche cosa di vergine nella loro natura, concepiscono raramente degli affetti colpevoli. Il loro primo amore è sempre un amore purissimo, talora tutto ideale, sdegnoso di un pensiero che lo contamini, e spinto al puritanesimo più rigoroso; oltre a ciò l’amore non sembra proprio che dell’età dell’innocenza- epoca in cui si ama tutto e non si odia nulla- e coloro che non amarono in quell’età, amarono difficilmente nel resto della vita. Vediamo non meno come gli stessi uomini corrotti non si astengano mai dal rendere un omaggio all’amor puro e costante, e tutta l’umanità operi, e parli, e scriva di esso o per esso dacché è sulla terra, e lo consideri come la religione più nobile e più sublime dell’anima umana. Da tutto ciò parmi poter dedurre una cosa, la natura celeste di quel sentimento.

 

La maggior efficacia dell’abitudine apparisce nella durabilità degli affetti. L’amore può sorgere da cause svariatissime, non di rado potenti, ma la sua forza non l’attinge mai che dall’abitudine. E’ dessa che rafforza i vincoli della famiglia, che accomuna e armonizza caratteri opposti, che conserva alle nostre affezioni, anche cessate, quel non so che di esigente , di doveroso, di inesorabile, a cui ci sottoponiamo senza resistere, ma di cui non sappiamo darci ragione. Molte creature si amarono per tutta la vita, pel solo motivo che ebbero la forza di amarsi da principio per un paio di mesi : e sentiamo tuttosì esclamare : come abbandonarci? È impossibile, è tanto tempo che ci amiamo!…

 

Si suol dire che l’amore non mira che al possedimento e che con esso finisce, e non si distingue tra la passione e l’amore. E’ la passione che si uccide col possedimento, ma l’amore incomincia con esso e perdura. L’una cosa è dei sensi, l’altra dell’anima. Si dovrebbe dire degli amanti: si piacciono-dei coniugi si amano.

 

Questo amore che si rafforza col progredire della vita, e sembra tanto più ingigantire quanto più si distacca da essa, ci fa fede della sua continuazione al di là della morte. Il dolore che accompagna il morire, il rimpianto che lo segue, il desiderio che lasciamo di noi morendo sembrano dirci che una sola cosa portiamo con noi dalla terra, l’amore.

 

LA DONNA

 

La donna è un capolavoro abortito, il grande errore della creazione.

 

Le donne non hanno un carattere proprio finché non amano; non hanno che un istinto provvidenziale di piegarsi, d’informarsi a quello dell’uomo. Per ciò esse sono quasi sempre quali gli uomini le fanno.

 

Ciò che gli uomini amano ed ammirano soprattutto nella donna, senza saperlo, è la loro fatuità.

 

La bontà nella donna è debolezza, nell’uomo carattere; però più frequente in quella che in questo.

 

L’uomo può portare nei suoi affetti, nei suoi doveri, nelle sue azioni, molte forze che la natura non ha dato alla donna. Il difetto essenziale della donna è l’incompletazione, dell’uomo l’esuberanza.

 

 

Il legame più potente che ci unisce alla donna è quello della maternità.

 

Quasi tutti i grandi uomini non hanno sentito potentemente né gli affetti, né i vincoli della famiglia, perché la loro mente e il loro cuore avevano di mira tutta quanta l’umanità. Cristo rispondeva a sua madre: -"Donna, che v’ha in comune tra me e te? “

 

Le donne non annettono teoricamente alla loro virtù un atomo di quella importanza che vi annettono gli uomini semplici e coscienziosi. Esse conoscono meglio di noi il valore di ciò che danno. E’ difficile che un uomo onesto possa essere tanto ammirato e desiderato da esse come un libertino.

 

La nostra società ha fatto della donna un puro strumento di piacere. Ogni donna non è considerata oggi mai che sotto questo punto di vista. Esse stesse mostrano di non considerarsi sotto un aspetto diverso. Non si pretende da esse né ingegno, né virtù, né amicizia, non si chiede che dell’amore e del piacere. Apprezzamento triste e degradante che esse tuttavia non temono, o non comprendono.

 

Tutti i mali della società dipendono da ciò; che si amano le donne o troppo o troppo poco.

 

In molta parte delle donne la resistenza è vanità, o mancanza d’opportunità, o artificio; prova evidente di ciò, che cedono quasi sempre alla sorpresa.

 

L’ingenuità nella donna è più pericolosa della malizia.

 

Non vi è uomo sì abbietto che non vi possa essere donna ancora più abbietta di lui; non vi è uomo sì nobile, che non vi possa essere donna più nobile.

 

A che scopo dolerci delle donne? Noi possiamo mostrare loro di conoscerle, di saperle apprezzare nel loro valore, di tenerle anche in ispregio; esse sono tuttavia ben certe che noi le ameremo sempre.

 

 

Nelle religioni di tutti i paesi, nelle tradizioni di tutti i popoli la prima notizia che si ha della donna accenna ad una seduzione. Le tradizioni bibliche sono in ciò piene di molta sapienza. La prima donna si fa sedurre, la prima volta, dal più vile degli animali, da un rettile.

 

L’essenza di tutti i libri, di tutte le tradizioni, di tutte le storie, si riduce a questo: una moglie che inganna il marito, un marito che inganna la moglie, o una moglie e un marito che s’ingannano a vicenda.

 

Gli uomini portano una maschera-le donne due.

 

Le donne hanno interesse a mostrarsi incapaci di sentire l’amicizia; mettono gli uomini nella necessità di non chiedere loro che dell’amore.

 

FELICITA’ E DOLORE

 

Gli uomini non ripongono mai la loro felicità in ciò che sono, ma in ciò che sperano di divenire; e non so se sia per questa illusione che essi non possono mai raggiungere la felicità, o se, appunto perché sanno di non poterla mai raggiungere, la ripongono volentieri in questa illusione.

 

Per quanto ci è dato argomentare dalla festività e dalla quiete apparente di tutti gli animali, il dolore morale sembra retaggio esclusivo dell’uomo. E suo retaggio esclusivo sono quindi il riso ed il pianto; d’onde parci poter dedurre che il sorriso non sia meno delle lacrime un’espressione del dolore.

 

Vi è sempre nel fondo del cuore una segreta malinconia che ci sforza a piangere.Se gioia v’è, o apparisce, è la socievolezza che la produce come la scintilla l’attrito, ma è una gioia fugace com’essa: -ogni uomo che è solo è triste. Non bisogna osservar l’uomo nella società, dove la società stessa e l’orgoglio nostro impongono la dissimulazione, dove dalla dimenticanza altrui si è tratti a dimenticare sé medesimi, ma è d’uopo osservarlo quando egli è solo, quando pensa, opera, parla, medita, cammina e si agita come un essere che soffre, e che espia. Io non so se la infermità

 

Allora si ha incominciato realmente a soffrire, quando si ha imparato a tacere il proprio dolore.

 

Pochi e grandi dolori fanno l’uomo grande, piccoli e frequenti l’impiccioliscono; un fiotto lava la pietra, una serie di goccie la trapassa.

 

Gli uomini giocano colla loro felicità come i fanciulli, perduta la rimpiangono come uomini.

 

La grandezza è solitaria. Si direbbe anzi che la solitudine è condizione della grandezza. Tutte le intelligenze superiori, tutte le nature superiori sono isolate- l’aquila vive sola, il leone solo.

 

I pensatori e i filosofi di tutte le epoche e di tutti i paesi parlano dei loro tempi come di tempi eccezionalmente scellerati. E’ logico arguire che gli uomini siano stati scellerati in tutti i tempi.

 

Confessare altrui i propri difetti è assai meno doloroso che confessarli a sé stessi.

 

Diffidate degli uomini che non hanno passioni.

 

Vorrei essere un’iena, addentrarmi nei sepolcri e pascermi delle ossa dei morti. A questo mondo io non vedo che teschi e stinchi. Se una donna mi bacia, io non sento che freddo; se mi sorride, vedo i suoi denti a muoversi senza gengive, minacciando di uscirle di bocca; se mi abbraccia, non ho che la sensazione di un corpo stringente e pesante come la creta. All’oscuro una fanciulla amante mi sembrerebbe un cadavere che sorge per effetto magnetico come la rana di Galvani, destinato a cadere subito dopo sotto l’esanime peso. 

 

Fisiologia d'una costoletta  

-         Vuole un riso al salto , un arrosto annegato, dei cavoli   trascinati, del manzo soffocato, o un mezzo pollame spezzato?

 -         Giusto cielo! E chi non rimarrebbe atterrito da questa  nomenclatura? E può la scienza culinaria, la somma fra tutte le   scienze (come quella che è la causa prima ed immediata di tutte le alte), la più antica, la più dolce, la più mite ad un  tempo, adottare un linguaggio così crudele ? Quel vecchio cameriere pareva aver calzato il coturno, mentre mi stava snocciolando quelle sue frasi, coll’enfasi, e assieme colla gravità contegnosa d’un attore tragico.  

-         Un mezzo pollame ! E di quanti membri? A tanto può giungere la  voracità lombarda? Il forestiero rimane strabiliato a quest’offerta, perché non vi ha albergo in Milano, dove i   camerieri non vi offrano pel vostro dèjeneur un mezzo pollame.  Ma io sto per la costoletta, come quella parte della macchina  animale che è più d’appresso al cuore, perché , trattandosi di  cuori, ho sempre dato una preferenza coscienziosa a quelli degli animali irragionevoli.  

 

Da "Pagine di romanzo" 

…a Napoli si urla, a Torino si piange, a Firenze si sorride, ma a Milano si ride,-qui solamente-e di quel riso pieno, sereno, olimpico, di cui ridevano un tempo gli dei di Omero. Non è vero , mio caro, che la tristezza voglia sempre la solitudine; vi sono dei momenti in cui si ha bisogno di esser soli. Ma ciò avviene quando questo stato dell’animo non è abituale, quando si è appena tanto malati da compiacersene- la tristezza vera,continua, quella che ha la sua radice nel carattere esige i contrasti, la scossa; ed ecco perché anche gli infelici si trovano bene qui, questi perché infelici, gli altri perché non lo sono- ecco perché vi si trovano tutti bene.  

 

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