Iginio Ugo Tarchetti e la  Scapigliatura

                     sito letterario di Francesca Santucci

 

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Lettera XXIX

Adorata Carlotta,

la tua penultima lettera mi ha cagionato molto dolore e sono da due giorni tremendamente malinconico. Forse tu avevi ragione di offendertene e di accusarmi di poca delicatezza, ma tu stessa avevi, come al solito, provocato quei tristi schiarimenti che interpretasti con la più cieca esagerazione. Confesso di avere una gran parte, una grandissima parte di torto e te ne chiedo perdono. Mi correggerò di questo continuo incolparti di fatti di cui non posso pretendere una giustificazione perché nessun dovere ti legava a me in quel tempo, e di cui t'ho solamente parlato per un estremo sentimento di gelosia, e per quel misterioso egoismo che domina in tutti gli amanti e che vorrebbe appropriarsi una donna come un oggetto. Fu veramente poco gentile, poco cavalleresco questo mio procedere, lo so, e lo conobbi anche allora, ma io vi aveva uno scopo che la tua squisitezza di sentire avrà potuto indovinare. Non dirmi, però, che io ti ami per carità, non dirmi che devi acquistare a forza di lacrime il mio amore, e che non mi pesi ancora troppo perché non ti possa lasciare. Ciò è ingiusto, è cattivo e mi punisce amaramente delle offese che ti ho fatto. Ti amo per una necessità del mio cuore, ti amò perché lo meriti, l'amore non è cosa che s'imponga, e tutto si può dare per carità, tranne l'amore. Non vi ha affetto che non costi delle lacrime; e tanto più se questo affetto unisce degli sventurati come noi. Tu non ne versasti meno del tuo Ugo, credilo, o Carlotta, credilo, e quantunque tu mi ripeta ancor oggi con un'amara ironia che tu fosti la causa di tante mie sventure, posso ben assicurarti che io imparai da te a veramente piangere e a veramente soffrire. Felici coloro che piangono, perché non provano l'agonia del dolore segreto. Vi sono istanti in cui il cuore si frange, e gli occhi rimangono asciutti, l'uomo soffre e la donna piange. E' mio destino che io non possa essere compreso, tu mi credi forse leggero, superficiale, tu non discendesti mai a scrutare in questo cuore che la sventura...

 

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