La
scapigliatura
Emilio
Praga, Carlo Dossi e Luigi Conconi.
Tra il 1860 e il 1880 in
area lombarda e piemontese si sviluppò un movimento di protesta e di
polemica, espressione di disagio e d 'insofferenza, definito
"Scapigliatura", chiamata anche milanese o lombarda non perché
gli artisti che vi aderirono fossero esclusivamente milanesi o
lombardi, molti infatti furono gli adepti di altre regioni italiane, ma
perché, essendo un movimento di protesta antiborghese, Milano, centro
dinamico della borghesia italiana,divenne anche il centro ideale del
movimento.
Il termine "scapigliatura", immediatamente evocativo
dell'indipendenza dalle convenzioni, derivò dal titolo del romanzo di
Cletto Arrighi ( pseudonimo del giornalista e scrittore Carlo Righetti,
uno dei protagonisti della vita artistica milanese del secondo
Ottocento), "La scapigliatura e il 6 febbraio", pubblicato nel
1862, in cui l'autore così tradusse in italiano il termine
francese "bohème". Il romanzo di Arrighi fu importante
proprio perché si pose come denuncia del reale disagio esistenziale
degli intellettuali lombardi, definiti "...classe di
inquieti, travagliati e turbolenti, vero pandemonio del secolo,
serbatoio del disordine e dello spirito in rivolta"...
La protesta degli scapigliati si manifestò in campo politico, con le
accuse alla borghesia di aver tradito gli ideali risorgimentali di
libertà, giustizia ed eguaglianza, opprimendo le masse popolari;
in campo morale, denunciando l'ipocrisia e le menzogne della morale
comune; in campo letterario, con il rifiuto sia delle tendenze
patriottiche, moraleggianti ed educative del primo Romanticismo, sia dei
languori e dei sentimentalismi del secondo Romanticismo.
Il gruppo originario fu costituito da Emilio Praga, Arrigo Boito e
Iginio Ugo Tarchetti, ai quali poi si unirono Carlo Dossi, Giovanni
Camerana e Giovanni Faldella, tutti legati dal comune interesse
letterario, non escludendo, però, aperture interdisciplinari: Praga e
Camerana furono anche pittori, Boito librettista e compositore, e Dossi
cultore di archeologia.
Accomunati da interessi ed esperienze simili, tutti questi intellettuali
del "rifiuto" ebbero atteggiamenti davvero da bohèmiens;
insofferenti, sregolati, ribelli alle convenzioni sociali, assunsero
posizioni anticonformiste, contro l'ipocrisia , il quietismo, il
perbenismo e il falso pudore borghese, sia nella scelta dei temi, sia
nella scelta del linguaggio. Per le inquietudini, le nevrosi e gli
eccessi delle loro vite disordinate, a molti toccò un tragico destino:
Praga morì a trentacinque anni distrutto dalla sifilide e dall'alcool,
Tarchetti di tisi e tifo e Camerana suicida.
Lontani dai sentimentalismi patriottici e dai moralismi borghesi e
cattolici simboleggiati dal Manzoni , fortemente contestato dagli
scapigliati come simbolo di tutto un costume ripudiato, scelsero sempre
la provocazione e la dissacrazione. Nella loro poetica confluirono il
simbolismo francese, dal quale mutuarono gli atteggiamenti anarchici e
la ricerca della poesia come rivelazione immediata della realtà, e
il naturalismo, con il culto del vero, la preferenza per il brutto e il
deforme, l'attrazione per la descrizione di ambienti squallidi e
degradati e la predilezione per il macabro ed il torbido, anche
nell'amore. Il linguaggio adottato fu spesso un lessico
triviale e blasfemo ma, quasi sempre, sciattamente classicheggiante e
melodico, restando in bilico tra sperimentalismo e tradizione.
Francesca Santucci
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