Il capitano e la regina

 

incipit del romanzo di Francesca Santucci









 

Prefazione



Bartolomeo Colleoni trascorse gli ultimi anni della sua vita nella quiete del castello di Malpaga, nei dintorni di Bergamo, da lui fatto costruire poco distante dall'altro suo castello, quello di Cavernago.
Nel romanzo s'immagina che ritrovi un vecchio manoscritto nel quale, da giovane, ha annotato stralci dell'avventurosa relazione con la regina di Napoli.
Gli intenti del romanzo sono duplici: il primo è quello di restituire dignità alla figura della regina, giudicata incapace di governare perché frivola e dissoluta mentre, in realtà, il regno di Napoli era ingovernabile per cause estranee alla sua volontà ed antecedenti alla sua ascesa al trono; il secondo è quello di offrire del Colleoni non l'immagine consueta dell'eroico condottiero che tutto pone al servizio delle armi, ma quella dell'uomo capace di abbandonarsi al sentimento d'amore nonostante viva in un periodo crudele d'intrighi, tradimenti e lotte faziose.
Per questi motivi mi sono compiaciuta di ammantare di un velo romantico quella che la stessa Storia, non senza nutrire dubbi,ha voluto tramandare come una squallida relazione tra una regina anziana ed amorale ed un giovane suddito con pochi scrupoli.
La narrazione si colloca tra il 1421 e il 1427, anni in cui effettivamente Bartolomeo Colleoni militò nell'esercito di Giovanna II e dei quali si hanno scarse notizie sugli avvenimenti personali di entrambi i personaggi.
Nulla vieta alla fantasia d'immaginare che i fatti si siano svolti effettivamente come narrati nelle pagine che seguono.
 




cap.I



Ho trovato questo vecchio manoscritto nella sala verde, dove solevo leggere e meditare sui piani strategici per le battaglie della Serenissima... Questo tanto tempo fa!
Mi sono liberato di paggi e servitori, ho congedato il mio compagno di cavalcata e sono qui, sulla torre del castello che guarda Bergamo da lontano, per far rivivere i fantasmi del passato.
L'aria fresca di settembre non è l'ideale per la mia salute, di nuovo malferma dopo il viaggio compiuto a Loreto per ringraziare la Madre Celeste della clemenza nei miei riguardi, ma è così dolce contemplare i colli dell'amata città, quando lo sguardo si distrae dalla lettura indisturbata di queste antiche pagine.
Datano "1421-1427". Chi ero? Dov'ero? Cosa facevo in quel tempo lontano? Ero già armiger famoso, condottiero abile ed astuto? Servivo Venezia o Milano, oppure già m'adopravo per il regno di Napoli?...Napoli, la città ammaliante come la bella sirena Parthenope da cui prese il nome, l'abbagliante perla adagiata in un mare di smeraldo, rilucente contro un cielo eternamente turchino...Napoli...
La memoria ora mi tradisce, impedendomi di collegare gli avvenimenti con la velocità di una volta, ma non posso pretendere troppo da me stesso.
Ho quasi ottant'anni, una vita lunga per un uomo del mio tempo, perciò la memoria è ricoperta di ruggine, come le armature, gli elmi e gli scudi che conservo gelosamente, testimoni delle mie glorie e dei miei trionfi passati.
Bisogna che sfogli in fretta questo manoscritto, se voglio ottenere le risposte ai mille interrogativi che mi hanno assalito all'improvviso. Ma devo fare molto in fretta, il tempo sfugge...Potrebbe non bastare.
Orsù, Bartolomeo, calma il tremito della mano e sfoglia la prima pagina.Tremi al pensiero dei morti tu che non hai mai tremato al cospetto dei vivi?


 

(continua)


(romanzo premiato con targa al 1° Premio di Narrativa Lombarda, comune di Endine Gaiano, 1988)