Il
mistero da discoprir
Nel
mio tormentato
passeggiar serale
sull’antiche ghiaie
qualcosa dava a me il
suo peso, quasi come
se un mistero avessi
in me da discoprir.
Il turbinar del freddo
vento, che faceva
cantar le gialle
foglie, certo non dava
conforto al già mio
oscuro quesito, e nel
mio capo tutto
appariva lontano e
ingrigito mentre il
tormento non prendeva
volto.
Ad
un istante, come da
folgore raggiunto, al
voltare del mio
sguardo al sol
calante, che d’oro
tutto avvolse,
l’intero arrovello
divenne chiaro e
fresco come l’acqua
della fonte, a cui con
timore ti avvicini per
non arrecare a lei
contagio umano. Lo
scovar finalmente
l’oppressione mia
puoi immaginar qual
sollievo diede, perché
ora, di tal malattia
il mio cuore vuol
dolersi ogni giorno e
ad ogni ora. Il
saperti lontana alla
mia vista, potrebbe
donar dolore, ma mai
come ora così
fulgente appari, per
cui mi pongo divieto
di soffrir. Certo che
la gioia appar sopita
dalla tua assenza ma
il conoscerti come ora
ti sento, dona forza
alle mie labbra per
darle di un sorriso la
forma.
Ora a te non
voglio tener segreto
di qual era
l’oscuro male che
con gratuito tormento
rodea il mio petto,
come pure non me ne
voglia ora il cielo
per il mio ardir di
svelare il sentimento:
la
luce, null’altro che
la luce che nei tuoi
occhi appare.
Quando il mutare delle
emozioni cambia, con
repentino moto, le
linee del tuo volto,
ecco che in sincrono
varia pure il color
della magia, che per
grazia il cuore mio
riesce a percepir e a
trasformar in energia,
per me vitale.
Or gioisco, e con
tremante mano ti
porgo questa lacrima
che, per gaudio ed
emozione, non ho potuto
trattener, voglio tu
sappia che è viva e
che segue a passo i
battiti del cuore mio.
Nel dirti questo, a te
non nascondo il mio
rossore per lo
spudorato modo di
svelare il segreto dei
palpiti che la passion
per te mi detta, e che
dona quel coraggio per
osar di scriver questa
mia missiva.
Ora
spero tu possa
comprender e perdonar
quest’uomo, per la
sua audacia di
conservar in tale modo
il ritratto di un tuo
ricordo.
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