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Ora
che sono vecchio, che ho conosciuto tante donne che hanno detto
“Ricordati di me…”, ed io le ho scordate tutte , ancora oggi è lei,
l’unica che non ho mai dimenticato, Malèna...
E’ così che il protagonista, Renato Amoroso, ricorda la donna più
bella del paese che, da adolescente, lo ha affascinato. E Malèna, dal
nome evocativo e misterioso (in realtà contrazione di Maddalena), bella
lo è per davvero, donna- femmina, oggetto del desiderio, corpo d’amore,
desiderata e desiderabile, invidiata dalle altre donne, concupita dagli
uomini, adorata, quasi come fosse una Madonna, da quelli che uomini ancora
non sono: i ragazzini del paese.
E’ solo un pretesto l’ambientazione in Sicilia, ai tempi della II
guerra mondiale, per raccontare, sì, la storia dell’innamoramento di un
ragazzino di quattordici anni per una donna adulta, e del percorso di
crescita di un adolescente che diventa uomo e di una ragazza che diventa
donna, ma soprattutto la vicenda di una figura femminile d’altri tempi,
quando la bellezza, in un piccolo paese, era considerata forza
destabilizzante, e dunque suscettibile di chiacchiere, invidie e
persecuzione morale.
E la Bellucci, fascinosa e sensuale, è perfettamente credibile nel ruolo
della bella donna del sud, ma quasi muta poiché le sue battute, pur se
ben recitate, sono poche. Si conferma, perciò , presenza ieratica,
attrice d’immagine, bellezza da calendario, e nel suo lento incedere,
solitaria, pudica, ad occhi bassi, lungo il corso di Castelcutò, nella
lunga ripresa del passaggio in paese, è superbamente esaltato, se mai ce
ne fosse bisogno, proprio il suo fascino.
Malèna è, dunque, bella, ma sola, perché il marito è in guerra e perché
proprio l’ avvenenza le scava il vuoto intorno. Il paese non è benevolo
nei suoi confronti, la sua bellezza è da punire, ed in questo il film a
tratti mi ha ricordato la novella d’un altro siciliano, La lupa di Verga, laddove la gente evita la gnà
Pina e pensa che In
quell’ora fra vespero e nona… non va in volta femmina buona:
infatti nel film le donne le si rivolteranno contro tangibilmente con la
scena del linciaggio, non perdonandole la bellezza e i trascorsi amori
mercenari col nemico.
Poi la guerra finirà, lo sposo ritornerà eroe di guerra e lei, ormai
sfiorita e con le prime rughe intorno agli occhi, sarà finalmente accettata e rispettata (addirittura
salutata dalle altre donne al mercato), solo perché non essendo più la sua avvenenza quella d’un tempo,
non è più pericolosa e destabilizzante,
Il film di Tornatore, profondamente siciliano, per l’ambientazione, i
colori, i suoni, gli umori, rappresenterebbe, secondo le parole dello
stesso regista , una vicenda “ universale e moderna “, che potrebbe
essere accaduta, o accadere ancora, in una qualsiasi piccola città di
provincia, a mio avviso, invece, è una storia lontana, ben raccontata, ma
distante, perché, ai nostri giorni, la bellezza non è più prerogativa
di pochi e perché le donne stesse sono cambiate.
Io credo che nessuna donna, oggi, accetterebbe di subire un linciaggio
fisico e morale e di ritornare poi a vivere nello stesso luogo che tanto
l’avrebbe osteggiata, e che ora l’accetterebbe solo perché l’essere
ritornata col marito le avrebbe restituito dignità e rispettabilità.
Per fortuna oggi le donne sono considerate per il valore personale e non
perché hanno accanto un uomo: da quel 1940 non invano sono trascorsi
sessant’anni!
Francesca Santucci (5.11.2000)

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