Francesca Santucci

Malèna

di  Giuseppe Tornatore

Ora che sono vecchio, che ho conosciuto tante donne che hanno detto “Ricordati di me…”, ed io le ho scordate tutte , ancora oggi è lei, l’unica che non ho mai dimenticato, Malèna...
E’ così che il protagonista, Renato Amoroso, ricorda la donna più bella del paese che, da adolescente, lo ha affascinato.
E Malèna, dal nome evocativo e misterioso (in realtà contrazione di Maddalena), bella lo è per davvero, donna- femmina, oggetto del desiderio, corpo d’amore, desiderata e desiderabile, invidiata dalle altre donne, concupita dagli uomini, adorata, quasi come fosse una Madonna, da quelli che uomini ancora non sono: i ragazzini del paese.
E’ solo un pretesto l’ambientazione in Sicilia, ai tempi della II guerra mondiale, per raccontare, sì, la storia dell’innamoramento di un ragazzino di quattordici anni per una donna adulta, e del percorso di crescita di un adolescente che diventa uomo e di una ragazza che diventa donna, ma soprattutto la vicenda di una figura femminile d’altri tempi, quando la bellezza, in un piccolo paese, era considerata forza destabilizzante, e dunque suscettibile di chiacchiere, invidie e persecuzione morale.
E la Bellucci, fascinosa e sensuale, è perfettamente credibile nel ruolo della bella donna del sud, ma quasi muta poiché le sue battute, pur se ben recitate, sono poche. Si conferma, perciò , presenza ieratica, attrice d’immagine, bellezza da calendario, e nel suo lento incedere, solitaria, pudica, ad occhi bassi, lungo il corso di Castelcutò, nella lunga ripresa del passaggio in paese, è superbamente esaltato, se mai ce ne fosse bisogno, proprio il suo fascino.
Malèna è, dunque, bella, ma sola, perché il marito è in guerra e perché proprio l’ avvenenza le scava il vuoto intorno. Il paese non è benevolo nei suoi confronti, la sua bellezza è da punire, ed in questo il film a tratti mi ha ricordato la novella d’un altro siciliano, La lupa  di Verga, laddove la gente evita la gnà Pina e pensa che In quell’ora fra vespero e nona… non va in volta femmina buona: infatti nel film le donne le si rivolteranno contro tangibilmente con la scena del linciaggio, non perdonandole la bellezza e i trascorsi amori mercenari col nemico.
Poi la guerra finirà, lo sposo ritornerà eroe di guerra e lei, ormai sfiorita e con le prime rughe intorno agli occhi, sarà finalmente accettata e rispettata (addirittura salutata dalle altre donne al mercato), solo perché non essendo più la sua avvenenza  quella d’un tempo,  non è più pericolosa e destabilizzante,
Il film di Tornatore, profondamente siciliano, per l’ambientazione, i colori, i suoni, gli umori, rappresenterebbe, secondo le parole dello stesso regista , una vicenda “ universale e moderna “, che potrebbe essere accaduta, o accadere ancora, in una qualsiasi piccola città di provincia, a mio avviso, invece, è una storia lontana, ben raccontata, ma distante, perché, ai nostri giorni, la bellezza non è più prerogativa di pochi e perché le donne stesse sono cambiate.
Io credo che nessuna donna, oggi, accetterebbe di subire un linciaggio fisico e morale e di ritornare poi a vivere nello stesso luogo che tanto l’avrebbe osteggiata, e che ora l’accetterebbe solo perché l’essere ritornata col marito le avrebbe restituito dignità e rispettabilità.
Per fortuna oggi le donne sono considerate per il valore personale e non perché hanno accanto un uomo: da quel 1940 non invano sono trascorsi sessant’anni!

Francesca Santucci (5.11.2000)