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Flaubert scrisse: Quello che v’è
di prodigioso nel "Don Chisciotte" è la perpetua fusione
dell’illusione e della realtà, che fa di questo un libro tanto comico e
tanto poetico. Don Chisciotte è un hidalgo, un gentiluomo di campagna,
che rappresenta quella nobiltà decaduta, di fatto esistita nella Spagna
del Cinquecento, economicamente debole, costretta a vivere in modo
inattivo, ozioso, meschino , monotono. Proprio per evadere dalla monotonia
d’una vita mortificante dapprima si rifugia nella lettura dei romanzi
cavallereschi e poi, suggestionato dagli eroismi narrati, decide di
rinnovare le gesta degli antichi cavalieri. E così riadatta l’antica
armatura, assume il nome di Don Chisciotte della Mancia, si fa armare
Cavaliere della Triste Figura da un volgare oste, eleva a dama dei suoi
pensieri una rozza contadina e, cavalcando in groppa ad un misero ronzino,
battezzato Ronzinante, intraprende la vita errante. Fisso nell’idea d’emulare
le gesta cavalleresche, e cioè di dover riparare alle ingiustizie e
proteggere gli oppressi, va incontro ad una serie d’avventure dalle
quali, puntualmente, uscirà sconfitto. Nella sua fantasia la realtà
esterna acquista una nuova parvenza, diviene realtà interiore, e il
mondo, nella sua esaltazione, diviene ciò che lui vuole che sia,
perdendo completamente il contatto con la vita reale. Ed è così che
scambia mulini a vento per smisurati giganti, branchi di montoni per
eserciti, osterie per castelli, una dama per principessa prigioniera.
Il
personaggio di Don Chisciotte esprime appunto il rapporto tra l’illusione
e la realtà, ed incarna perfettamente il disperato bisogno d’evasione:
è proprio per evadere dalla realtà che il gentiluomo, ispirandosi agli
antichi personaggi del mondo cavalleresco, decide di farsi cavaliere. Da
quel momento nella sua fantasia tutto diventa esagerato e portato alla
dimensione d’epopea cavalleresca: il semplice cappello di cartone
diventa un elmo, un lungo ramo la lancia, il povero ronzino un indomito
destriero in grado di competere con i cavalli della mitologia, la donna
rozza la dama del cuore alla quale dedicare le imprese eroiche, e il
semplice contadino assume la dignità di fedele servitore. Così armato ed
equipaggiato, spinto da un animo puro e generoso, sostenuto da una
sfrenata fantasia, si spinge nelle più disparate avventure, perseguendo
ideali di pace, giustizia, verità ed amore, proprio come un antico
cavaliere. Ed è Sancio Panza , il servitore, che nel romanzo si pone come
elemento di concretezza, che riesce ad equilibrare e a contenere la
fantasia troppo sciolta del cavaliere riconducendolo alla realtà. Don
Chisciotte, infatti, vive in un suo mondo ideale di sogno, di illusioni,
dal quale non si distacca, come del resto non si distaccarono nella
realtà tutti coloro che, quando la cavalleria ed il sentimento
cavalleresco volsero al tramonto, volendone rivivere gli ideali si
trovarono fuori del loro tempo e furono considerati folli. Sancio, invece ,
aderisce alla vita quotidiana, è un istintivo che sente la necessità
materiale, è la realtà che si contrappone al sogno, un insieme d’astuzia,
buon senso e concretezza. Contadino rozzo e goffo, ignorante ma non
sciocco, è tuttavia capace di buon senso e ragion pratica che gli
impediscono di concepire il sogno. E' proprio dal contrasto tra i due
personaggi che scaturisce la filosofia del romanzo ed anche la sua
comicità. Il personaggio di Don Chisciotte resta, tuttavia, quello
predominante: sognatore , ricco di umanità, falsamente comico, in
realtà drammatico. Costretto dalla vita a condurre un’esistenza meschina
ed angusta, in una società priva di valori morali, cerca riparo nell’ideale, nel sogno, per far rivivere un suo mondo scomparso, ove prevalgano
senso dell’onore ed eroismo, tuttavia il suo rapporto con la realtà
permane ambiguo : da un lato sente il bisogno di certezze, necessita di
regole di comportamento, di punti di riferimento (le regole della
cavalleria), dall’altro il bisogno di evadere, trasfigurando la realtà
, mutandola in sogno. E da questo sogno Don Chisciotte si
risveglierà, ritrovando la ragione, curiosamente, solo nel momento della
morte: Visse pazzo e morì savio.
classici
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