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(Pubblicato sull'Eco di Bergamo, 28 novembre 2000)
Bergamo, Piazza Vecchia
Terra che il Serio bagna e il Brembo inonda che monti e valli
mostri a l'una mano ed a l'altra il tuo verde e largo piano or
ampia ed or sublime ed or profonda (Torquato Tasso).
Quando
arrivai a Bergamo io, ragazza del Sud, volevo scappar via,
ritornare a Napoli, nella mia città, perché il cielo era grigio
di nebbia e non azzurro, perché c'erano le montagne e mancava il
mare, perché d'inverno faceva troppo freddo e la città era
silenziosa e non chiassosa. Poi cominciai a girarla in lungo e in
largo, fuori e dentro ai borghi, la città, i dintorni, le valli,
i laghi, le montagne, in moto, in auto, a piedi, spinta dal
bisogno di conoscerla. E scoprii il fascino della nebbia che sale
dai campi umidi ad avvolgere come un velo la natura, la bellezza
delle prealpi che si stagliano blu contro il cielo turchino
liberato dal vento del föhn, e quello delle tre valli, la
Brembana, la Seriana, l'Imagna, inondate nei giorni della
primavera di primule gialle, narcisi e ciclamini selvatici, lo
splendore dei laghi del colore dello smeraldo e dei fiumi che si
snodano come nastri argentati, la suggestione degli antichi
castelli di
Malpaga e
Cavernago, l'atmosfera magica che la candida
neve e i merletti delle gelate imprimono al paesaggio invernale, e
quella del Natale,con gli alberi addobbati all'esterno, che
conferiscono al paesaggio l'aspetto d'un bianco presepe, e scoprii
anche, con piacere e stupore che, in ere lontanissime, qui il mare
ci arrivava. Bighellonai per «Bérghem de hura» e «Bérghem de
huta», per la città bassa e per la città alta, sostando spesso
in Piazza Pontida, dove ha sede l'antico Ducato, che ancora oggi si
preoccupa di conservare e valorizzare le tradizioni bergamasche
con manifestazioni artistiche e culturali, e feci un salto, per
vedere cosa ne era rimasto, all'Antica Osteria dei Tre Gobbi, dove
un tempo si fermava
Donizetti per gustare gli ottimi pasti
preparati con maestria dall'oste Bettinelli. Poi percorsi via XX
Settembre, il Sentierone, un lungo viale lastricato, in origine
parcheggio dei cavalli, ma, fin dal 1621, luogo di passeggio
tipico dei bergamaschi, con caffè ed eleganti negozi, visitai
l'antichissima chiesa di San Bartolomeo, il teatro Donizetti con
il monumento dedicato al famoso musicista, il celebre monumento al
Partigiano di Manzù e l'Accademia Carrara. In lenta passeggiata
arrivai sugli spalti di Sant'Agostino e spaziai con lo sguardo sui
campi sottostanti, infine raggiunsi piazza Mercato delle Scarpe e,
percorrendo la caratteristica stradina medievale, stretta e
tortuosa, approdai alla Rocca, che ospita il Museo del
Risorgimento, dov'è possibile trovare anche documenti riguardanti
il famoso pilota bergamasco: Antonio Locatelli. Passando per gli
antichi palazzi delle più nobili famiglie bergamasche, visitai il
Palazzo della Misericordia (che ospita il Museo Donizettiano con
la raccolta di strumenti, spartiti e documenti appartenuti al
grande maestro), piazza Vecchia, la chiesa di Santa Maria Maggiore
(con il confessionale dell'abile scultore e intagliatore Andrea Fantoni e il monumento sepolcrale al Donizetti)e la
Cappella Colleoni, tomba del glorioso capitano di ventura Bartolomeo Colleoni, grande condottiero e uomo generoso verso i suoi
concittadini. E spesso mi recai sul colle di San Vigilio,dove ci
si può perdere tra i campi e il cielo, allungando lo sguardo
verso l'infinito paesaggio. Ed amai Bergamo, la riservatezza del
suo popolo e persino la ruvidezza del dialetto che tanto mi
meravigliava, inizialmente, per quella sovrabbondanza di suoni
chiusi e cupi. «Mè te ole pròpre amò tat bé ma te gna 'mpò
per mé»… Che lingua è? Sì, è bergamasco. Cosa significa? Io
ti voglio bene assai ma tu non pensi a me:è il ritornello della
celebre canzone napoletana la cui melodia è attribuita ad un
famoso figlio della terra bergamasca: Gaetano Donizetti.
Dovrebbero proprio visitarla tutti questa romantica città del
nord, che ha origini antichissime, fondata nel 1200 da una tribù
di Liguri che la chiamò Barra. Furono i Celti, successivamente, a
denominarla Bérghem, da bergh (monte) e hem (abitazione); ancora
oggi nel dialetto locale Bergamo si dice Bérghem. Nonostante la
presenza massiccia dell'uomo sul territorio è possibile
rinvenire scorci naturali d'intatta bellezza e la città è vivibile e a misura d'uomo, ben inserita nel circuito culturale ed
impegnata nella sua valorizzazione con la promozione
d'importanti mostre artistiche, come quelle recenti di Moroni, Lotto, Baschenis e Caravaggio e l'ultima, ancora in corso «La
luce del vero», con opere di Caravaggio, Rembrand, La Tour e Zurbaran.
Francesca
Santucci
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