Francesca Santucci

Venere e Marte

di Sandro Botticelli

 

Appena Afrodite, Venere per i Romani, emerse nuda dalle onde del mare, sopra una conchiglia di madreperla, Zefiro la spinse sulla riva dell’isola di Cipro (onde l’appellativo di Ciprigna, oltre a quello di Anadiomene, “l’emersa”), e, quando mosse i suoi primi passi sull’isola, le andarono incontro le Ore, le Cariti o Grazie e altre divinità, che si misero al suo servizio come ancelle e l’agghindarono con vesti e gemme preziose.
La dea fu subito condotta sull’Olimpo, dove venne accolta con ammirazione e giubilo da tutti gli dei, ad eccezione delle invidiose Era e Atena; Zeus la diede in moglie al deforme Efesto, il dio del fuoco, brutto, malfatto, zoppo e deforme, ma concesse alla bellissima dea di concedere il suo amore a molti altri, mortali e immortali. Tra gli amanti della dea ci fu anche il dio Ares, Marte, il suo preferito, di fattezze splendide, del quale s’innamorò perdutamente tradendo il legittimo consorte, e da cui ebbe Armonia, Phobos e Deimos.
Afrodite, /Venere ed Ares/Marte si unirono nascostamente per la prima volta proprio nel palazzo di Efesto; nessuno li vide, solo Febo dall’alto si accorse della coppia intenta al congiungimento, e subito corse a riferirlo ad Efesto, che meditò la vendetta.
Fabbricò accuratamente delle sottilissime catene di bronzo, con esse fece una rete che non poteva essere né sciolta né spezzata e la fissò ai sostegni del letto, poi finse di partire per Lemno, e così, quando i due amanti si coricarono, rimasero intrappolati e non riuscirono più a rialzarsi.
Allora entrò Efesto, accompagnato dagli dei dell’Olimpo, e tutti risero, schernendo gli amanti sorpresi in flagrante adulterio. L’ombroso Ares, una volta liberato, corse a nascondersi in Tracia, Afrodite se ne andò a Pafo, dove l’accolsero le Cariti.
Botticelli fu il primo artista, dopo l’epoca classica, a dipingere grandi scene ispirate ai temi mitologici con valore e considerazione pari a quelli dei temi religiosi; fino ad allora, infatti, gli artisti usavano decorare con tali soggetti solo il mobilio, come i pannelli per i cassoni che venivano offerti alle spose come dono di nozze, o nei quali si riponeva il corredo. Le sue opere mitologiche furono destinate al diletto di un pubblico di raffinata cultura letteraria, che amava il simbolismo nell’arte, perciò spesso sono di difficile interpretazione.
In questo dipinto il soggetto è un tema molto caro ai pittori dell’epoca, l’amore tra la dea dell’amore e il dio della guerra; capolavoro raffinato e sensuale, Venere e Marte,  forse fu eseguito per i Vespucci, come lascia presupporre la presenza di vespe nel quadro, e forse era destinato a decorare la spalliera nuziale della camera da letto della stessa famiglia.
Il pittore ci introduce con discrezione nell’alcova dove, distesi su un prato nel quale spuntano cespugli di mirto, la pianta simbolo della dea, ci sono Venere e il dio Marte che, spossato dalle fatiche d’amore, dorme profondamente, senza ridestarsi nemmeno ai giochi d’arme dei rumorosi fauni, i piccoli satiri, demoni dagli irrefrenabili istinti sessuali, anche simbolo di fecondità ed abbondanza, che saltellano intorno ai due amanti.
Opera tra le più riuscite di Botticelli, che traduce pittoricamente le teorie del filosofo Marsilio Ficino secondo cui le esortazioni alla virtù sono più gradite se vengono trasmesse attraverso belle immagini, Venere e Marte è stata interpretata come un’allegoria dell’Amore che tempera i contrasti e, com’è stato avanzato da alcuni critici, forse alludeva alle virtù della sposa, ma, secondo il simbolismo caro all’intellettualismo neoplatonico fiorentino della cerchia medicea, il pesante abbandono della figura dell’aggressivo dio della guerra, in armonia solo con Venere, alluderebbe al benefico influsso di Venere, simboleggiante l’Humanitas, sulle discordie e sulle guerre. Tale interpretazione sarebbe avvalorata anche dalla presenza dei fauni vestiti come per la guerra, che non riescono a ridestare Marte che giace addormentato, e dalla posa tranquilla e composta di Venere.
Ed allora piace pensare che il messaggio di Botticelli volesse essere proprio questo: Venere che vince Marte, l’amore che sconfigge la violenza, la pace che s’impone sulla guerra.