Trotula

(1050- 1097)

(estratto da Virgo virago")

 

In primo luogo vi dico che una donna filosofa di nome Trotula, che visse a lungo e che fu assai bella in gioventù e dalla quale i medici ignoranti traggono grande autorità ed utili insegnamenti, ci svela una parte della natura delle donne. Una parte può svelarla come la provava in sé; l’altra perché, essendo donna, tutte le donne rivelavano più volentieri a lei che non a un uomo ogni loro segreto pensiero e le aprivano la loro natura.1

 

La figura di Trotula (diminutivo di Trota, da Trocta o Trota o Trotta, nome assai diffuso in età medievale nell’Italia meridionale), è storica, non leggendaria, nonostante spesso, soprattutto da parte maschile, si sia dubitato della sua esistenza, e talvolta sia stata ritenuta anche uomo (Trottus o Eros); dama effettivamente vissuta nell’ XI (secondo alcuni XII) secolo, fu la prima donna medico della storia.
Dotta, scienziata, scrittrice, profondamente sensibile e dalle  idee innovative, non magistra, non avendo il diritto di fregiarsi del titolo accademico, ma quasi magistra, o tamquam magistra,  per le competenze e la stima popolare di cui godeva, considerata, fra il XII ed il XIV secolo, massima autorità in problemi di salute, igiene e bellezza femminile, operò nella realtà della famosa Scuola medica salernitana, 2 di cui fu la prima e più famosa esponente.
In questa scuola, celebre nei secoli perché vi si fusero  le grandi correnti del pensiero medico antico,  la  tradizione greco-latina e  le nozioni provenienti dalle culture arabe ed ebraiche, ed operarono i massimi nomi dell’epoca, furono attive le mulieres Salernitanae, una schiera di donne, la cui esistenza  è suffragata da numerose testimonianze, esperte in medicina, che preparavano cosmetici per le  dame della nobiltà.

Sulle  mulieres Salernitane, tra il XIII e il XIV secolo,  circolavano, però,  voci deplorevoli,  le si credeva più ciarlatane che scienziate, poiché il famoso medico e scienziato spagnolo Arnaldo da Villanova attribuiva alle levatrici di Salerno la pratica di somministrare alla donna, al momento del parto, una pozione contenente tre granelli di pepe, accompagnando la recita del Pater noster con una misteriosa formula magica:


Binomie lamion lamium azerai vaccina deus deus sabaoth
Benedictus qui venit in nomine Domini, osanna in excelsis.

Nonostante queste voci di discredito, però, la loro fama accrebbe, ed insieme anche quella di Trotula, il cui nome era legato, non solo in Italia ma anche oltralpe.
Fra le  mulieres Salernitane, oltre a Trotula,  si ricordano Abella, che scrisse due trattati in versi Sulla bile nera e Sulla natura del seme umano, Rebecca Guarna, autrice di opere Sulle febbri, Sulle orine  e Sull'embrione, Mercuriade (forse uno pseudonimo), che compose Sulle crisi, Sulla peste, Sulla cura delle ferite e Sugli unguenti,  Francesca di Roma, autorizzata dal duca Carlo di Calabria, nel 1321, ad esercitare  la chirurgia, e Costanza Calenda che, forse nella prima metà del XV sec., grazie agli insegnamenti paterni, studiò medicina all'università di Napoli.
Trotula nacque, probabilmente,  a Salerno dall’antica e nobile famiglia de Ruggiero, attiva verso il 1050; sposa del celebre medico Giovanni Plateario il vecchio, ebbe da lui due figli: Giovanni il giovane e Matteo, pure famosi nella Scuola medica salernitana e conosciuti come Magistri Platearii.
Sapiens matrona (secondo la leggenda anche una delle donne più belle del tempo, il cui funerale, nel 1097, sarebbe stato seguito da una coda di 3 chilometri), della sua competenza si legge nella  Storia ecclesiastica del monaco anglo-normanno Orderico Vitale (III, pp. 28 e 76 Chibnall, vol. II) a proposito di Rodolfo Malacorona, un nobile normanno che aveva compiuto studi di medicina in Francia, che, giunto in visita a Salerno nel 1059 “non trovò alcuno che fosse in grado di tenergli testa nella scienza medica tranne una nobildonna assai colta” ([...]neminem in medicinali arte, praeter quondam sapientem matronam sibi parem inveniret).
E nel  Dict de l’Herberie il trovatore parigino Rutebeuf, attivo fra il 1215 e il 1280, fece affermare ad un suo personaggio di essere al  servizio di una nobildonna salernitana di nome Trota (ainz suis à une dame qui a nom madame Trotte de Salerne), la donna più saggia del  mondo (sachiez que c’est la plus sage dame qui soit enz quatre parties du monde), che faceva uccidere dai suoi emissari degli animali feroci dai quali estrarre unguenti per curare i suoi ammalati.

Trotula, chiamata anche sanatrix Salernitana (guaritrice di Salerno), nel Medioevo era riconosciuta autorità indiscussa in disturbi e malattie femminili e cosmesi, godendo in quanto donna di fiducia delle sue consimili, offrendo a tutti garanzie per  l’appartenenza alla Scuola medica salernitana; fornita di una cultura medica superiore, sottolineò l’importanza  dell’igiene, del controllo delle nascite, dei metodi per rendere il parto meno doloroso, ed ebbe anche delle avanzate intuizioni, come, ad esempio, che l’infertilità potesse dipendere anche dall’uomo.
Considerava in medicina fondamentale la prevenzione e l’accurata anamnesi, al fine d’individuare la giusta terapia ed evitare l’intervento chirurgico, spesso erroneamente prospettato, o attuato, dai suoi colleghi maschi, come si evidenzia dalla lettura del passo seguente:

…Poiché, infatti, si doveva praticare un’incisione a una ragazza che, appunto per un gonfiore del genere, minacciava una lacerazione, Trotula, dopo averla visitata, rimase assai stupita… La fece venire dunque a casa sua per scoprire in un luogo appartato la causa del disturbo… Avendo individuato che il dolore non era causato da una lacerazione o da un ingrossamento dell’utero, ma dal gonfiore, le fece preparare un bagno con un infuso di malva e paritaria, ve la fece entrare e le massaggiò la parte più volte e assai dolcemente per ammorbidire. La fece restare a lungo nel bagno e, quando ne uscì, le preparò un impiastro di succo di tasso barbasso, di rapa selvatica e di farina d’orzo e lo applicò ben caldo per far sparire il gonfiore. Quindi le prescrisse un secondo bagno eguale al precedente e la ragazza guarì.

A Trotula  nel Medioevo si attribuivano  due opere, il De ornatu mulierum (Come rendere belle le donne) noto anche come Trotula minor, e il De passionibus mulierum ante, in et post partum (Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto) noto anche come Trotula maior o semplicemente Trotula, delle quali non si tramandarono le copie originali bensì dei manoscritti contenenti i suoi trattati, e grande fu la confusione nei secoli, tanto che divenne difficile discernere fra le varie altre opere a lei attribuite, infine si pervenne ad una sistemazione e, grazie anche al ritrovamento di un manoscritto madrileno del XIII secolo,  fu  possibile fare chiarezza e  scoprire le conoscenze, la competenza, talvolta superiore a quella dei colleghi maschi, l’acume delle sue osservazioni ed anche la  profonda sensibilità verso le pazienti e le donne in generale.

Le donne di Salerno  pongono una  radice di vitalba nel miele e poi con questo miele si ungono il viso,  che assume uno splendido colore rosato. Altre volte per truccarsi il viso e le labbra ricorrono a miele raffinato, a cui aggiungono vitalba, cetriolo e un po' di acqua di rose. Fa' bollire tutti questi ingredienti fino a consumarne la metà e con l'unguento ottenuto ungi le labbra durante la notte, lavandole poi al mattino con acqua calda. Questo rassoda la pelle delle labbra e la rende sottile e morbidissima, preservandola da qualsiasi screpolatura, se essa è già screpolata, la guarisce. Se poi una donna vorrà truccarsi le labbra, le strofini con corteccia di radici di noce, coprendosi i denti e le gengive con del cotone; poi lo intinga in un colore artificiale e con esso si unga le labbra e l'interno delle gengive. Il colore artificiale va preparato così; prendi quell'alga con cui i Saraceni tingono le pelli di verde, falla bollire in un vaso d'argilla nuovo con del bianco d'uovo finché sarà ridotta a un terzo, poi colala e aggiungi prezzemolo tagliato a pezzetti, fa' bollire di nuovo e lascia di nuovo raffreddare. Quando sarà il momento,  aggiungi polvere di allume, mettilo in un'anfora d'oro o di vetro e conservalo per l'uso. Questo è dunque il modo in cui si truccano il viso le donne saracene: quando l'unguento si è asciugato, per schiarire il viso vi applicano qualcuna delle sostanze suddette, come l'unguento di cera e olio, o qualcos'altro, e ne risulta un bellissimo colore, misto di bianco e rosato.

Questi consigli di bellezza venivano impartiti da Trotula nel De ornatu mulierum, il trattato di cosmesi che insegnava alle donne come  conservare, migliorare  ed accrescere la propria bellezza e come curare le malattie della pelle.
Citando spesso come fonte autorevole le mulieres Salernitanae, oltre ad impartire insegnamenti sul trucco, suggeriva come eliminare le rughe, il gonfiore dal volto, le borse dagli occhi, i peli superflui, come rendere la pelle bianca e rosea e privarla di  lentiggini e impurità, come far tornare i denti candidi e guarire le screpolature di labbra e gengive.

Siccome le donne  sono per natura più fragili degli uomini, sono anche più frequentemente soggette a indisposizione, specialmente negli organi impegnati nei compiti voluti dalla natura.  Siccome tali organi sono collocati in parti intime, le donne, per pudore e per innata riservatezza, non osano rivelare a un medico maschio le sofferenze procurate da queste indisposizione. Perciò la compassione per questa loro disgrazia e, soprattutto la sollecitazione di una nobildonna, mi hanno indotto a esaminare in modo più approfondito le disposizioni che colpiscono più frequentemente il sesso femminile. Dunque, poiché le donne non hanno calore sufficiente a prosciugare l'eccedenza di umori cattivi che si formano quotidianamente in loro e poiché l'innata fragilità non consente loro di sopportare lo sforzo di espellerli naturalmente attraverso il sudore, come fanno gli uomini, allora la natura stessa, in mancanza del calore, ha assegnato loro una forma speciale di purificazione, cioè le mestruazioni, che la gente comune chiama "i fiori". Infatti come gli alberi senza fiori non producono frutti, così le donne senza i propri fiori sono private della facoltà di concepire.

Questo passo è tratto, invece, dal prologo del  De passionibus mulierum ante, in et post partum, l’opera più importante di Trotula, un vero e proprio manuale di ostetricia, ginecologia e puericultura, il primo trattato sistematico di ginecologia attribuibile a una donna, in cui i rimedi e le prescrizioni, talvolta molto semplici o semplicistici, riguardavano le  malattie delle donne ed  aspetti squisitamente femminili come il ciclo mensile, la gravidanza, il parto, i rischi del parto,  l’allattamento, le difficoltà del concepimento, i disturbi fisiologici, le malattie dell’utero, l’isteria, ma che offriva consigli e suggerimenti su malesseri anche degli uomini, come il vomito, le malattie della pelle e persino i morsi del serpente.
Trotula, in osservanza dell’insegnamento del padre della medicina antica, Ippocrate, Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno ed offesa,3
in attenzione delle afflizioni delle donne, si adoprava sempre per il giovamento del corpo, penetrando nei loro più intimi segreti, procurando, con garbo e discrezione,   di offrire un rimedio per ogni tipo di disturbo che le affliggesse, senza pregiudizi e preconcetti, senza scandalizzarsi  su quelli che avrebbero disturbato la morale del tempo, come descritto, ad esempio, nel capitolo  De virginitate restituendo sophistice  (Come ripristinare ingannevolmente la verginità), in cui offre consigli per parere vergini,  a chi in tale stato più non si trovava, o quello in cui in cui spiega come apportare sollievo ai problemi delle vergini o delle vedove private della regolare attività sessuale:

Ci sono donne cui non sono consentiti rapporti sessuali, vuoi perché hanno fatto voto di castità, vuoi perché sono legate dalla condizione religiosa, vuoi perché sono rimaste vedove. A certune, infatti, non è consentito di cambiare condizione e poiché, pur desiderando il rapporto sessuale, non lo praticano, sono soggette a gravi infermità. Per esse dunque si provveda in questo modo: prendi del cotone imbevuto di olio di muschio o di menta e applicalo sulla vulva. Nel caso che tu non disponga di quest’olio, prendi della trifora magna e scioglila in un po’ di vino caldo e applicalo sulla vulva con un batuffolo di cotone o di lana. Questo infatti è un buon calmante e smorza il desiderio sessuale placando dolore e prurito.

Comprensiva dell’universo femminile, Trotula era dotata di approfondite conoscenze, sicuramente maggiori di quelle maschili, sulla fisiologia della donna (ad esempio aveva ben identificato i segni della gravidanza incipiente relazionandola alla cessazione del fluxus matricis e alla duritio subita mammarum, l’aumento e l’indurimento delle mammelle) e ciò non stupisce dal momento che, in misoginia scientifica, nel  generale clima sfavorevole al “sesso debole”, che  faceva considerare le donne inferiori anche per la diversa anatomia e fisiologia, la maggior parte dei medici  non le visitava approfonditamente (nemmeno aveva accesso alla stanza del travaglio e neppure presenziava al parto, considerato “affare di donne”).
A Trotula, dunque, va ascritto anche il merito di aver offerto ai medici ignoranti, che lasciavano le donne alle terapie delle altre donne, offrendo cure solo all’altro sesso, utili insegnamenti, sulla natura delle donne.

Francesca Santucci

 

NOTE

1) [C. A. Thomasset (ed.), Placide et Timéo ou Li secrés as philosophes, Genève 1980, pp. 133-134] in « Medioevo al femminile", Laterza, Roma- Bari, 1989.

2) La Scuola Medica Salernitana fu la prima e più importante istituzione medica d'Europa all'inizio del Medioevo ed accolse anche molte donne nella pratica e nell'insegnamento della medicina.

3)  dal Giuramento di Ippocrate.

 

FONTI

F. Bestini, F. Cardini, C. Leopardi, M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri-Medioevo al femminile, Laterza, Roma- Bari, 1989.

Né Eva né Maria, a cura di Michela Pereira, Zanichelli, Bologna, 1981.

P. Arès- g. Duby- La vita privata dall’Impero romano all’anno mille, Edizione CDE S.p.a.Milano, 1987.