Secretum

di Francesco Petrarca

 

 

Nel 1343 un evento turbò la vita di Petrarca, la monacazione del fratello Gherardo, la cui crisi mistica contribuì ad accentuare il suo tormento interiore e l’inclinazione alla solitudine.
Il poeta, pur essendo attratto dalla vita appartata e solitaria, che avrebbe potuto offrirgli la serenità interiore tanto agognata, non riusciva però a compiere l’analoga scelta del fratello, incapace di distaccarsi dalle sue passioni ed ambizioni.
Dal conflitto intenso e lacerante, sempre ben presente in Petrarca, nacque il Secretum meum De Secreto conflictu curarum mearum, " Il segreto dissidio dei miei affanni", la più notevole delle sue opere in latino che, però, nelle intenzioni dell’autore non doveva essere pubblicato ma restare diario personale.
Per la drammatizzazione del soliloquio il dialogo, espressione del bisogno d’introspezione psicologica e di chiarificazione morale, riflette come modelli Cicerone e il De consolatione philosophiae di Boezio ma, più in generale, l’ascetismo medievale che mortificava la corporeità.
Nel Secretum il poeta immagina un dialogo con Sant’Agostino, in presenza di una donna muta , la Verità, donna d’ineffabile luce, nel quale esamina fin nelle pieghe più intime il male che lo tormenta, l’inexpletum quiddam, qualcosa d’incompiuto, dovuto all’attaccamento al quadriceps monstrum delle passioni, cioè la paura, il desiderio, il dolore e la gioia, riconoscendosi colpevole di molti peccati, soprattutto di sensualità, e rivelando la mancanza di volontà al vero bene per l’attaccamento alle adamantine catene, le catene dell’amore e della gloria, dalle quali non sa liberarsi.
Le argomentazioni, sostenute dagli autori classici a lui tanto cari, Virgilio, Orazio, Ovidio, Seneca, insieme a Sant’Agostino, guide spirituali e depositari di saggezza , sono sviluppate in tre libri.
Nel I libro è denunciata la mancanza di volontà che vanifica qualunque proposito, nel II l’analisi si occupa dei vizi capitali del poeta, soprattutto della funesta pestilenza dell’animo, il male della volontà, cioè l’accidia, nel III è affrontato il tema dell’amore per Laura, ripercorrendo tutta la storia del legame ed analizzando le contraddizioni dell’amare nella donna l’anima o il corpo, nell’illusione di un amore che si proietta oltre i sensi e la bellezza, fino alla vecchiaia.
Agostino ribadisce il carattere effimero e peccaminoso della bellezza femminile, nel quadro della caducità e brevità della vita, ed afferma che l’amore del poeta è, sì, nobile, ma lo allontana da Dio, però può guarirne con la fuga, fuggendo da Laura; dal desiderio di gloria, invece potrà guarire solo col tempo.
Scopo dell’opera è l’educazione alla volontà, fare in modo che il poeta si liberi dalle vanità terrene ma, per attuare ciò, bisogna che chiarisca a se stesso la natura delle proprie sofferenze. Fondamentale, allora, si rivela la pagina dedicata all’Accidia, in cui il poeta confessa la sua prostrazione e insoddisfazione, l’irrequietezza e l’inquietudine, che gli causano tristezza e malinconia immotivata, da cui fugge e di cui pure si compiace: la voluptas dolendi.
Agostino comincia il dialogo incalzando: Che fai povero uomo?Che segui? Che attendi? Sei così del tutto dimentico delle tue miserie o non ti ricordi dell’essere mortale!, subito individua il suo male, Habet te funesta quaedam pestis animi, quam Accidiam moderni, veteres Aegritudinem dixerunt (Ti domina una funesta malattia dell’animo, che i moderni hanno chiamato Accidia e gli Antichi Aegritudo). e indica come unico modo possibile per salvare l’anima il costante pensiero e disprezzo della vanità del terreno e della morte, e la ricerca dei beni spirituali.
Il poeta è consapevole del bene spirituale eppure viene trascinato verso il male delle vanità, perciò il suo conflitto permane lacerante ed irrisolto.
Il dialogo col Santo termina con la promessa di seguire le sue indicazioni, cercando di approfondire la conoscenza di sé, raccogliendo i frammenti sparsi della sua anima, sparsa anima fragmenta recolligam, e Sant’Agostino, che ben comprende la fiacchezza della sua volontà, supplica Dio di seguire il poeta nei suoi passi ancor che erranti.
In tutte le sue opere Petrarca analizza se stesso, ma nel Secretum, vero e proprio esame di coscienza, documento fondamentale per ricostruire la storia del suo spirito e la dolorosa coscienza che ne aveva , ma anche testimonianza dell’intimo bisogno di conciliare classicismo e cristianesimo, l’indagine è talmente profonda da divenire introspezione psicologica, rendendolo in ciò un’anima profondamente moderna.

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