Francesca Santucci

 

La Beata Pierina Morosini

(che preferì lasciarsi uccidere, pur di difendere la sua dignità di donna

 e il suo ideale di fede)

(1931--1957)

(Francesca Santucci, "Donne protagoniste", IL FOGLIO, maggio 2004, estratto)

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Accade sovente che l’uomo dimentichi d’essersi civilizzato, dimentichi le conquiste spirituali e morali, dimentichi di essere capace di gestire in armonioso equilibrio la magica alchimia d’istinto, logica e sentimento, dimentichi d’essersi, in un tempo lontanissimo, sollevato dalla posizione carponi per assumere statura eretta e ridiventi l’antica bestia umana preda solo di furori primordiali.
Ecco, è allora che il barbaro istinto aggressivo e omicida riaffiora, che in efferata violenza si scatena contro il suo stesso simile, accecato da una spietata furia individuale o lucidamente organizzato con i suoi compagni, e a nulla valgono il trascorrere del tempo, le acquisite consapevolezze: più trascinante si rivela la sete di sangue!
Non si può non provare orrore di fronte al male, di cui quotidianamente, nelle più svariate forme, abbiamo notizia; non si può parimenti non provare orrore di fronte al male scatenatosi tempo addietro, eppure tanto simile a quello dei nostri giorni…
Era il 4 aprile del 1957, tra le 15 e le 15,30, quando Pierina tornava a casa su per la dorsale del monte Misma, nella Val Seriana, percorrendo un sentiero, a lei ben noto, che la riportava alla sua casa, la cascina rosa della Cedrina Alta (poco distante, a Cedrina Bassa, abitavano la nonna e gli zii), fra gli sconfinati prati verdi e i neri filari dei boschi, tornava a casa col rosario fra le mani, recitando come di consueto, sia che fosse da sola, sia che fosse in compagnia della zia o di una compagna di lavoro, le Ave Marie.
Quel 4 aprile, purtroppo, tornava a casa da sola, dopo aver terminato la sua giornata di lavoro al cotonificio Honegger di Albino (Bg); indossava, come sempre in ogni stagione dell’anno, quella che un po’ considerava la sua divisa: un grembiule nero, uno scialle, spesse calze nere, ai piedi calzava semplici zoccoli.
Non sapeva che quel giorno si sarebbe compiuto il suo destino, non sapeva che nell’ombra, acquattato, c’era un uomo che stava per affidarla alla luce, c’era un bruto che l’attendeva per darle la morte terrena e consegnarla alla vita eterna.
Il suo carnefice la bloccò, cercò di piegarla alle sue basse voglie, l’aggredì per stuprarla, lei si difese, lui la colpì, lei continuò a difendersi, infine la colpì più duramente, con una grossa pietra strappata alla vittima che l’aveva afferrata soltanto per intimorirlo, lei non si piegò, continuò a resistere, finché lui non la ridusse in fin di vita ed abusò della sua innocenza.
Pierina fu ritrovata in un lago di sangue dal fratello Santino che, preoccupato per il suo ritardo, le era corso incontro; arrivò in ospedale già in coma profondo, e qui morì senza più riprendere conoscenza.
Nella biografia di Pierina Morosini distribuita in Vaticano, così viene ricostruita il tragico avvenimento:

il ragazzo si avvicinò a Pierina, con l’intenzione di indurla al peccato e piegarla ai propri voleri…di fronte alla insuperabile opposizione della ragazza, egli perdette il controllo di sé. Tentò di baciarla; questa cercò di dargli uno schiaffo e lui la gettò in un cespuglio; la giovane raccolse un sasso per difendersi, ma lui riuscì ad impossessarsene, colpì con violenza e ripetutamente la nuca della vittima. Il sasso venne poi requisito dai Carabinieri; era appuntito e pesava 1593 grammi. La ragazza tentò di uscire dal cespuglio e percorse qualche metro barcollando; per il giovane fu facile gettarla terra e colpirla ancora. Ridottala così all’impotenza, ne abusò. Fu portata all’ospedale già in coma profondo e irreversibile.


Per l’Italia del tempo fu un giallo che fece grande scalpore quella morte, anche perché avveniva in una zona tranquilla, tra quelle valli bergamasche che sembravano così lontane dal resto dell’Italia che ferveva nella ripresa, già proiettata verso il boom economico.
Gli accertamenti durarono a lungo, infine fu arrestato un giovane di Albino che era stato notato nella zona il giorno dell’assassinio; processato e condannato a dieci anni e undici mesi di reclusione nel 1960, dopo alterne vicende, tornò libero nel 1965.
Ma chi era questa giovane che preferì morire pur di non piegare la sua dignità di donna, che difese a costo della vita la sua scelta di purezza e castità? Chi era Pierina Morosini?
Pierina Morosini era nata, in una famiglia poverissima, a Fiobbio, nel Comune di Albino, in provincia di Bergamo, il 7 gennaio del 1931; era la maggiore di otto fratelli e sorelle dei quali, insieme ad altri bambini presi a balia dai genitori per arrotondare le entrate, fin da piccola si era presa cura affiancando la madre, Sara Noris, donna devotissima, dalla quale aveva ricevuto i primi insegnamenti religiosi.
Ben presto cominciò a frequentare la Parrocchia, ad assistere alla Messa ogni mattina e a partecipare attivamente all’Aziona Cattolica, ma già da tempo nel suo cuore ardeva il richiamo alla vocazione, che aveva ripetutamente manifestato, di cui tutti erano a conoscenza, e che era sul punto di abbracciare quando la sorprese la barbara furia omicida.


Dai quaderni di Pierina Morosini, ritrovati dopo la sua morte, apprendiamo questi umili insegnamenti e proponimenti che liberamente, spontaneamente, aveva deciso di impartire a se stessa e di seguire:
"Ogni mia azione la farò in unione con Maria e, nelle contrarietà, mi abbandonerò, come una bambina, sul suo cuore materno, invocando il suo aiuto e quello del mio caro angelo custode".
"Curerò sommamente la modestia nel vestito, nello star seduta e nel camminare; con nessuno mi permetterò leggerezze di parole o di mani".
"Non mi metterò mai a tavola senza aver fatto una piccola preghiera, né mai mi alzerò senza aver compiuto una mortificazione di gola".
"Mi sforzerò di tenere la pace in famiglia".
"Avrò sommo rispetto verso la mamma".
"Non cercherò di sapere cose altrui".
"Non dirò mai parole in mia lode e procurerò di stare lontana agli occhi degli uomini".
La morte di Pierina, nei luoghi e nelle tragiche modalità in cui avvenne, in circostanze analoghe a quelle di Maria Goretti, la Santa che più di ogni altra venerava (a Roma, dove si era recata in pellegrinaggio con l’Azione Cattolica, in occasione della cerimonia della sua santificazione, così aveva esclamato: Come mi piacerebbe fare la morte di Maria Goretti!), si carica, allora, di valenze estremamente simboliche: essere fermata lungo la risalita al monte che la riportava a casa diviene, al contrario, invece della morte, la vita, invece della fine l’approdo, la spinta decisiva all’ascesa verso la sua vera casa, naturale compimento di quel destino di fede, di amore e dedizione verso il prossimo che sin da bambina aveva guidato i suoi passi.
Pierina Morosini amava molto questa frase di Santa Teresa: La verginità è un profondo silenzio di tutte le cose della terra.
La sua santità, nascosta, umile, scaturita dalla bontà, dalla fede, dalla preghiera, dalla quotidiana disponibilità agli altri, alla famiglia, alla Parrocchia, all’Associazione cattolica, dapprima come semplice iscritta, poi in cariche di maggiori responsabilità, zelatrice delle opere missionarie e del seminario, scaturisce proprio dall’intima purezza, profondo silenzio verso le effimere cose terrene, intimo raccoglimento verso il Signore e verso gli insegnamenti della Chiesa.
Per ricordare Pierina Morosini, la cui salma (miracolosamente quasi intatta alla riesumazione), conservata nell’urna reliquiario (opera dello scultore Claudio Nani che la rappresentò nel momento supremo del martirio) riposa in un bianco sarcofago di marmo nella chiesa parrocchiale di Fiobbio, proclamata Beata, in praestitio castitatis, dopo soli trent’anni dalla morte, da Papa Giovanni Paolo II, il 4 ottobre del 1987. E sempre nel 1987, a Fiobbio, suo paese natale, è stato aperto un Museo e, a testimonianza di quanto sia vivo il suo ricordo e fervido il suo culto, nel 2003 la Consulta della Valle del Lujo, con il patrocinio del Comune di Albino e la collaborazione di RadioTeleClusone, ha organizzato il I Concorso Nazionale di Poesia "Valle del Lujo", dedicando alla sua memoria una sezione del premio.

 Francesca Santucci

Foto del  Museo dedicato alla Beata Pierina Morosini

 

Bozzetto dello scultore Claudio Nani
per l'urna-reliquiario della Beata Pierina Morosini

Pierina Morosini idealizzata da Gigi Pedrini