Francesca Santucci

 

Orfeo ed Euridice 

 

J.B. Camille Corot, Orfeo conduce fuori dagli Inferi Euridice (1861)

 

Orfeo cantando all’Inferno la tolse, 

ma non poté servar la legge data, 

ché ‘l poverel tra via drieto si volse,

 sì che di nuovo ella gli fu rubata, 

però ma’ più amar donna non volse, 

e dalle donne gli fu morte data.

(Poliziano)


Così Poliziano cantò la favola d’Orfeo, antichissimo poeta della Tracia, figlio del dio Apollo e della musa Calliope.
Col suono della sua lira e la melodìa della sua voce, Orfeo affascinava gli uomini ed ammansiva persino le belve più feroci. Sposò la bella Euridice, figlia di Nereo e di Doride ma, nel giorno stesso delle nozze, la fanciulla, tentando di sfuggire al pastore Aristeo, che l’inseguiva per possederla, cadde sull’erba e morì per il morso d’una serpe, lasciando il suo sposo quasi pazzo di dolore.
Così, invece,  Virgilio:…cercando di consolare con la cava testuggine il suo amore disperato, cantava a se stesso di te, dolce sposa, di te sul lido deserto, di te all’alba, di te al tramonto. Entrò persino nelle gole tenarie, profonda porta di Dite, e nel bosco caliginoso di tetra paura, e discese ai Mani, e al tremendo re ed ai cuori incapaci di essere addolciti da preghiere umane…Orfeo, disperato, si recò fin nell’oltretomba pur di ritrovare l’amata sposa, discese giù nell’Ade, e non fu spaventato né da Cerbero che custodiva l’Orco, né dagli altri mostri, e supplicò Plutone e Persefone, e li commosse col suo canto miracoloso e con le sue preghiere, finché non ebbe il permesso di riprendersela, a patto, però, che non si voltasse mai a guardarla lungo il percorso che dalla valle infernale, dal buio del regno dei morti, conduceva alla luce.
Orfeo accettò, ma il suo grande amore lo tradì: non resistette alla tentazione, lungo la strada si voltò ed Euridice svanì come fumo; la perse di nuovo, e questa volta per sempre.
Ritornato sulla terra, cominciò ad errare di luogo in luogo, per tutta la Tracia, rimpiangendo l’amore perduto, sdegnoso di ogni creatura femminile, finché, raggiunto dalle Baccanti adirate per il suo rifiuto, invasate dalla furia selvaggia, fu afferrato e dilaniato. Del suo corpo fatto a pezzi fu ritrovato solo il capo, adagiato tra l’erba presso la foce del fiume Melete, dove, tempo dopo, in suo onore venne edificato un tempio.
Mito d’amore e morte è quello d’Orfeo; amore come dementia, follìa che spinge il pastore Aristeo a causare la morte di Euridice, Orfeo ad essere sprezzante persino dell’oltretomba, a rifiutare tutte le altre donne in fedeltà assoluta alla donna perduta, e a credere, irragionevolmente, di poter vincere la morte solo col canto.
Ci riuscirà, riuscirà a vincerla e a far trionfare la resurrezione, ma soltanto una volta, ché la seconda più non sarà possibile, non per l’inefficacia dell’accorato canto, ma per l’inesorabilità dell’avverso destino.
Seppure offuscato dalla follia d’amore in fondo al suo cuore Orfeo è consapevole  fin dal principio d’aver perduto per sempre Euridice e di non poterla strappare definitivamente al mondo delle ombre, mai più potrà riaverla, dunque il suo canto d’amore sarà pure già lamento di morte.

Francesca Santucci