Dal diario di una donna

di Sibilla Aleramo

 

inediti 1945-1960

Questa pagina, datata 1945, appartiene al  diario inedito di Sibilla Aleramo, iniziato il 21 gennaio 1945 e terminato il 2 gennaio 1960, in cui l'autrice racconta il suo irrefrenabile flusso di vita, gli incontri con famosi personaggi politici e della cultura ma, soprattutto, se stessa, la sua solitudine, la depressione, anche la povertà che l'afflisse costantemente e che sopportò con grande dignità.
Nella pagina di diario qui presentata, piccolo frammento di un anno particolarmente importante nella storia d'Italia, il 1945, fra le passioni dell'Aleramo, la letteratura e la politica, oltre alle urgenze del tempo (il freddo, la necessità di ben riscaldarsi) emerge, costante in tutta la sua vita, il bisogno assoluto d'amore (sovente scontratosi con la fatuità del sentimento maschile), qui per Franco,  il poeta Franco Matacotta (allora ventenne, lei sessantenne), l'ultimo suo grande amore.

 

 

 

 

Natale, 1945

Stamane l'attendente del colonnello Sartori, il quale colonnello è marito di Luisa, la signora donatrice di zucchero e caffè, mi ha portato un sacchetto, un quintale, di antracite che equivale a circa tremila lire!
Resta così debellato il detto di Gualino:" Carmina non dant carbone".
Il colonnello era in strada in una jeep ( è comandante a Livorno, sotto gli ordini degli alleati, ahinoi, ed è venuto a trovar la moglie per 24 ore) : quando l'attendente è sceso, lui è salito per conoscer me e la soffitta: bella e garbata persona: io ero già pronta per uscire, m'ha pregata di approfittare della jeep (genere di vetturella famosa ormai a Roma: gli alleati vi scorrazzano con le signorine italiane! Io non m'ero mai valsa) e m'ha accompagnata fin da mia sorella Cora, a Piazza Bologna, sotto la pioggia.
Pranzo natalizio con Cora e con mio nipote. Franco, se fosse venuto a Roma, avrebbe apprezzato molto gli agnolotti, il pollo, il dolce, il torrone.
Ora sono tornata qui, in camionetta (i tram oggi riposano).
Ho acceso la stufa con il carbone della donatrice, la cara Luisa che fui a trovare un giorno della scorsa settimana, e mi colma di attenzioni. E' scrittrice, ha pubblicato anni fa  due volumi di poesie, molto delicate, che le somigliano, sensibili e vibranti. Il mio diario l'ha entusiasmata. Altre, altre donne in questi giorni mi esprimono per telefono la loro riconoscenza, dopo avermi letto. Alba stamane mi diceva ch'è un libro straordinario, e ne ha acquistato due copie per regalarle ad amiche in occasione del Natale.
Frattanto, è sera, e, come ieri, sono sola. Dovrei avere dolcezza in cuore, per tante manifestazioni di stima e di tenerezza. Ma, quella punta silenziosa di amaro per l'assenza di Franco, quel pensiero assillante ch'egli ha preferito oggi altra compagna, non riesco, non riesco a cancellarli, a non soffrirne-anche se non piango.
Se piangessi, forse scioglierei in canto il mio dolore, stasera. Invece, son come un masso di gelo-malgrado l'antracite che arde nella stufa. E franco non lo sa, non immagina, non intende, non può  intendere.
Natale, Natale 1945!
Fra poche ore anche questo sarà passato. Avanti. Forse perverrò, a poco a poco, ad accettare questo irrigidimento del cuore, questa morte nella vita...?


26 dicembre, mattino-


Diventare pietra- mi ripetevo stanotte nell'insonnia. Ma le pietre possono cantare?
Franco m'ha telefonato poco fa, ha detto che ha finito il suo nuovo libro e che sta ricopiandolo a macchina, senza un minuto di riposo; per poter portarmelo a leggere posdomani. Naturalmente non ha affatto supposto ch'io ieri sia stata triste. La sua incapacità a sentire l'altrui cuore è talmente insormontabile che divien pura.