recensione al libro di

Dario Alfonso Ricci

 

La leggenda del faro

 

"La leggenda del faro", opera prima di Dario Alfonso Ricci, è proprio una bella storia, ricca di passaggi magici ed immagini poetiche; narra le vicende dei faristi e degli altri personaggi che si snodano per oltre un secolo, dalla fondazione all’automatizzazione, intorno al leggendario faro di capo Arocco, presenza viva, tangibile, animata, creatura dotata di proprie pulsioni e volontà, in rapporto ambivalente con l’Uomo, ora in armonia ora in conflitto, ora presenza benevola e salvifica ora forza distruttrice e devastante, comunque sempre in sintonia con la Natura.
L’ultimo capitolo, poi, che, similmente ad una conchiglia che racchiude in sé la perla preziosa, è il racconto dell’antefatto, il disvelamento delle motivazioni che hanno spinto alla stesura del libro (che si pone a suggello della storia ma avrebbe anche potuto costituirne l’incipit), è un finale perfetto e ad effetto; romantico, quasi magico appare il verso finale, con l’alternanza fra luce ed eclisse, espressioni del faro che, per tutta la storia, ora ha illuminato ora ha celato, ma anche metafora della vita, sempre in sospensione fra la chiarità e l’ombra.
Vividi emergono l’amore per il mare, la conoscenza dell’elemento e il rispetto che l’Autore nutre per tutte le creature della Natura in generale, "la luna, il vento, le onde, gli scogli, gli alberi e gli animali", e con forza s’impongono i valori morali in cui crede: il senso del dovere, la dedizione al lavoro, il rispetto, l’amore.
Una volta scritte, le parole più non appartengono allo scrittore, e ciascuno le legge in modo personale, eppure, in questo romanzo, è possibile rinvenire un significato universale nel messaggio finale, affidato a Giovanni, il vecchio farista che, nel congedarsi, raccomanda a Fausto: La natura ti aiuterà, lo ha fatto con tutti. Basta rispettarla ed amarla.

(agosto 2002)

 

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