Iginio Ugo Tarchetti e la  Scapigliatura

                     sito letterario di Francesca Santucci

 

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Fosca

Dalle cronache del tempo emerge che Iginio Ugo Tarchetti era alto un metro e ottantaquattro, con volto ovale naso diritto, bella bocca, occhi d’un azzurro profondo solo un poco velati di tristezza, era bello e capace di provare e suscitare grandi passioni. Non aveva che ventiquattro anni e già scriveva in una lettera:
Molte donne ho amate, molte che mi hanno tutto sacrificato, avvenire, felicità, reputazione.
Fu a Parma, nel novembre del 1865, quando ancora prestava servizio nel commissariato militare, prima di lasciarlo per vivere la sua esistenza da scapigliato, libera e dedita alla scrittura, che conobbe una certa Carolina, o Angiolina, parente d’un suo superiore.
Malata, epilettica, prossima alla morte, orribilmente brutta, le sue uniche attrattive erano gli occhi grandi e nerissimi e le trecce del colore dell’ebano; con lei lo scrittore intrattenne una relazione che causò un grande scandalo, causa non estranea alle dimissioni dall’esercito. Dell’esistenza di questa donna abbiamo la testimonianza dello stesso Tarchetti che scrive: Quell’infelice mi ama perdutamente…il medico mi disse che morrà fra sei o sette mesi, ciò mi lacera l’anima, vorrei consolarla e non ho il coraggio, vorrei abbellire d’una misera e fuggevole felicità i suoi ultimi giorni e v’ha la natura che mi respinge da lei . Ugo suscitò in lei una grande passione e fu costretto a subire il folle sentimento.
Per strano destino la ragazza, prossima alla fine, gli sopravvisse, ed ogni anno, agli inizi di novembre, non mancò mai di far arrivare fiori sulla tomba del poeta, prematuramente morto per un attacco di tisi e tifo.
La figura delle ragazza di Parma e la tormentosa relazione confluirono direttamente nel suo capolavoro ”Fosca”.
 Più che l’analisi d’un affetto, più che il racconto di una passione d’amore, io faccio forse qui la diagnosi d’una malattia.- Quell’amore io non l’ho sentito, l’ho subito.
Giorgio, il protagonista, come Ugo, è un militare, Fosca, come Carolina, è una donna epilettica ed isterica, simbolo non nascosto di malattia e morte, corrispettivo femminile dello scrittore (malato di tisi), come lei tormentata dal bisogno ossessivo d’amare e d’essere amata.
Nucleo centrale del romanzo è proprio questo folle desiderio, causa di sofferenza fisica e dolore morale che condurrà entrambi alla distruzione, lui al collasso nervoso, lei alla tomba.
Voglio costringervi a ricordarvi di me, quando vi avrò oppresso con tutto il peso della mia tenerezza, quando vi avrò seguito sempre e dappertutto come la vostra ombra, quando sarò morta per voi, allora non potrete più dimenticarmi.
Fosca non è però solo un’eroina letteraria della seconda metà dell’Ottocento, immagine di malattia e di morte (fantasmi sempre ben presenti nell’opera e nella vita dell’autore), ma anche una figura femminile moderna, volitiva, tenace, decisa ad affermare con ostinazione il diritto all’amore vietatole dalla condizione d’inferiorità in cui è relegata dall’orrida bruttezza.
Tu non sai cosa voglia dire per una donna non essere bella. Per noi la bellezza è tutto. Non vivendo che per essere amate, e non potendolo essere che alla condizione di essere avvenenti, l ’esistenza di una donna brutta diventa la più terribile, la più angosciosa di tutte le torture.
Non avendo, dunque, l’arma della bellezza, per realizzare compiutamente il folle desiderio si servirà di un altro elemento: l’ossessiva violenza persecutoria del sentimento amoroso.
Fosca sarà sempre ben lucida sui reali sentimenti di Giorgio, conscia che l’uomo, incalzato dai suoi suggerimenti, recita l’amore, ma , pur con la consapevolezza che l’inganno è tutto ciò che potrà ottenere, porterà avanti il gioco delle illusioni , esulando anche dai limiti imposti dalle convenzioni del tempo (si pensi agli incontri notturni), riuscendo infine a soddisfare l’irrefrenabile desiderio .
La notte d’amore tra i due sarà l’esasperazione dell’illusione; Fosca gli ordinerà Sii mio!;Giorgio ammetterà Non ebbi la forza di resistere. L’uomo, sconfitto, soccomberà alla passione , precipitando così nella disperazione, e la donna s’avvierà a spegnersi, tuttavia felice per aver appagato la sua ossessione amorosa.
Questo il finale nella finzione letteraria, nella realtà Ugo fu trasferito da Parma a Milano dove poi consumò gli ultimi tre anni della sua vita tra la frenetica attività letteraria, le precarie condizioni di salute e le difficoltà economiche;Carolina ritornò nella nativa Sardegna, non lo rivide mai più, ma non lo dimenticò fino alla fine dei suoi giorni.

 

 Francesca Santucci