Francesca Santucci

CARMEN

di George Bizet

 

...José: Tu ne m’aimes plus?
Carmen: Non, je ne t’aime plus
! ...

Un posto particolare tra i musicisti dell’Ottocento è occupato da George Bizet che, con la Carmen, opera nazionale francese simile all’Aida in Italia, storia d’amore e morte, considerata il suo capolavoro, toccò i vertici più alti della drammaticità.
Tra i controversi giudizi del tempo, il filosofo Nietzsche pronunciò l’elogio più bello per un artista, affermando:
 Ascoltando la Carmen si diviene noi stessi un capolavoro.
E Ciaikovskij, qualche tempo dopo, scrisse ad un’amica:
In verità non conosco musica che abbia maggiori diritti di essere designata come un modello di ciò che io chiamo grazioso.
In questo lavoro, rappresentato per la prima volta a Parigi al Teatro dell’Opéra- Comique, Bizet rivelò la sua maestria di compositore e la piena maturità artistica.
L’opera, in quattro atti, è tratta da una novella di Mérimée,  e Bizet collaborò anche al libretto, rielaborando e modificando la trama.
L’azione si svolge in Spagna, a Siviglia e sui monti vicini.
Alla caserma sulla piazza del mercato, dove si trova anche la manifattura dei tabacchi, arriva Micaela, la fidanzata del brigadiere José  che, però, non riesce ad incontrarlo perché l’uomo è ancora in servizio, ed allora si allontana. Intanto, dalla manifattura dei tabacchi, escono le sigaraie, tra cui si distingue Carmen, la più ardente e vivace, una bella gitana che non si cura dei corteggiatori ma vuole attirare l’attenzione di Josè; si mette a danzare e a José, intanto sopraggiunto, lancia un fiore, che l’uomo raccoglie. Rientrata al lavoro, Carmen si azzuffa con una compagna, e la ferisce; è proprio José ad arrestarla e a condurla in prigione, ma la donna riesce a convincerlo a lasciarla evadere. Per aver mancato al suo dovere il brigadiere viene imprigionato ma, appena scontata la punizione, corre da Carmen, nella taverna di Lillas Pastia, dove la donna si trova in compagnia di zingari e contrabbandieri ai quali, dopo varie vicende, José finirà per aggregarsi, ribellandosi ai suoi superiori, divenendo disertore, legandosi a lei e rifugiandosi sui monti con i contrabbandieri.
Nella nuova vita, però, José è infelice: rimpiange l’esistenza che ha abbandonato, soffre l’amarezza di sentirsi trascurato da Carmen, ed è tormentato dalla gelosia per Escamillo, el toreador, un torero attratto dalla sua donna.
Nel rifugio dei contrabbandieri arriva Micaela, a portare la notizia che la madre di José è morente: José allora decide di seguire l’ex-fidanzata al capezzale della madre.
L’ultimo atto ci riporta a Siviglia: Escamillo sta per entrare nell’arena per la corrida e Carmen gli promette il suo amore se trionferà. Sopraggiunge José che scongiura Carmen di tornare con lui; la donna, però, gli risponde freddamente e gli restituisce con disprezzo l’anello che lui le aveva donato.
Questo contegno aumenta il tormento di José che, in preda ad una crisi di gelosia e disperazione, uccide Carmen con una pugnalata.
La storia già di per sé è bellissima, ma la musica di Bizet, ricca di colore nei motivi pittoreschi e folcloristici, nelle danze popolari e nelle canzoni, piena di impeto, di ardore, di contrasto fra i festosi motivi zingareschi e l’incalzare drammatico dell’azione, rende quest’opera un vero capolavoro, trascinante ed avvincente.
Eppure la prima rappresentazione dell’opera, a Parigi, nel 1875, non ebbe successo, nonostante fossero stati apportati dei cambiamenti per addolcire la vicenda, ad esempio l’introduzione del personaggio positivo della dolce Micaela (per bilanciare la violenza decisa del carattere di Carmen e per opporre in generale il suo candore alla rudezza passionale del triangolo verista José-Carmen-Escamillo), e di danze di carattere brillante ispirate al folklore spagnolo. Il lavoro era troppo carico di intensità drammatica per piacere al pubblico; l’intreccio della storia  venne giudicato immorale, con zingari, contrabbandieri e fuorilegge, e con un finale sanguinoso da cronaca nera. Anche la musica non fu gradita agli amanti della tradizione, perché giudicata dai critici di fredda erudizione, di caos formale e “assenza di melodia”, insomma “wagneriana”.
Questa valutazione fece sprofondare l’autore nello sconforto più totale, eppure quei personaggi pieni di passione e di vita avrebbero conquistato in seguito le platee di tutto il mondo, e grande sarebbe stato il successo dell’opera.
Come non essere attratti dal personaggio di Carmen, civettuola e seducente nella voluttuosa habanera del primo atto (l’amour est un oiseau rebelle), funerea (nell’Aria delle Carte), fatale e spavalda, come un’eroina delle tragedie classiche, nell’epilogo finale che la vede offrirsi al coltello di José?
Purtroppo Bizet non conobbe mai il successo che poi arrise alla sua opera; Carmen era stata creata il terzo giorno del terzo mese dell’anno; tre mesi dopo la prima rappresentazione, il 3 giugno, in tragiche coincidenze, Bizet morì, a soli 37 anni, per un attacco di cuore, mentre la cantante che interpretava la sua Carmen all’Opera, modulando per la trentatreesima volta il lugubre Trio delle carte, scopriva la carta fatale della morte.
Per quanto riguarda quest’opera l’interprete più significativa resta la Callas.
Il personaggio di Carmen non poteva proprio mancare nella carriera di Maria Callas che, per temperamento sanguigno e passionale, ben si presentava come l’interprete perfetta della donna che, attraverso l’amore, conduce alla perdizione se stessa e l’uomo che ama, ed in effetti il confronto tra Callas e Carmen contiene, come del resto tutti i personaggi interpretati dalla “divina”, un coinvolgimento emotivo e psicologico molto intenso, e a tutt’oggi la sua interpretazione resta insuperabile.
Leggenda vuole che fosse proprio un’aria della Carmen quella che la Callas cantò sulla nave che la riconduceva in Grecia, è invece storia che un profondo legame la unì sempre a Parigi e alla Francia e alla cultura in generale, non solo alla musica, francese.
La Carmen della Callas, pur conservando intatte tutte le sfumature che Bizet conferì alla sua eroina, delineò per la prima volta una Carmen intima, che qualcuno paragonò ad un fuoco, elemento sia di calore che di distruzione, che cova nelle tenebre in attesa dell’incendio totale, molto concentrata sugli aspetti musicali e di stile, sorvolando sulle polemiche contenutistiche che dividevano al tempo se la gitana fosse un personaggio positivo o negativo, dalla parte del bene o del male, e quindi non caricando di giudizio l’interpretazione, in fusione perfetta con la lingua francese e con lo spirito del capolavoro di Bizet.
La storia imperniata sulla donna più “nera” e fatale dell’opera lirica, simile ad una dark lady del cinema americano, vera e propria attentatrice dei buoni sentimenti, sovvertitrice dell’ordine precostituito con il disordine delle passioni, considerata un capolavoro di musica drammatica, viene continuamente riproposta e adattata cinematograficamente.
Tra le varie versioni, celebri restano  quelle del regista Francesco Rosi e la Carmen Story del regista spagnolo Carlos Saura, danzata dal famoso ballerino e coreografo Antonio Gades e con la presenza del grande chitarrista Paco De Lucia, perché sempre affascina la storia di un uomo che abbandona tutto per una donna, fino a diventare un fuorilegge e ad esserne poi tradito, ma anche la storia della donna che ama la libertà e che vuole vivere l’amore con chi le aggrada, in diritto di scelta ed estrema passionalità.

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