Era una bella
domenica d’autunno dell’anno 1976.
Io e mio marito
allora ventenni, ma già genitori di un
bimbo, decidemmo di andare per
castagne nei boschi di Foresto Sparso.
Era bello
camminare tra quelle foglie gialle
umide di rugiada… sentivo nell’aria
un’atmosfera magica che mi riportava
all’infanzia.
China a
raccogliere ricci con guantoni
protettivi, scorsi dietro il tronco di
un albero la gamba di una bambola.
Fin dalla prima
infanzia ho avuto una sviscerata
passione per le bambole e ho giocato
con loro fino a circa 13 anni.
LA MIA PREFERITA
ERA LA "GIANNA GRASSA" UNA BAMBOLONA
DI PEZZA CONFEZIONATA DA MIA MAMMA
QUANDO AVEVO 8 ANNI.
Non
l’abbandonavo mai era la mia migliore
amica, la mia fedele compagna.
Avevo altre
bambole ma raramente giocavo con loro
perché avrei potuto romperle.
Due erano di
celluloide, una in composizione con
parrucca bionda e abito azzurro e
stava in bella mostra al centro del
letto matrimoniale.
Avevo anche due
gemellini sempre in composizione e una
bella bambola in materiale plastico
che mi aveva regalato la mia zia
preferita, quella zia che mi ha
trasmesso questa passione.
Ricordo che
quando andavo a trovarla guardavo
sempre le sue bambole che erano sedute
su due poltroncine nell’ingresso e
ogni volta avevano un vestitino
diverso che lei confezionava per loro.
Sopra il suo
camino, in cucina c’era una bambolina
di latta che cuciva a macchina e che
mia zia azionava ogni volta con grande
cura.
Anche la sua
credenzina rivestita di specchi che
conteneva un salottino in plastica
dove stavano sedute due piccole
bambole in celluloide mi affascinava
sempre.
QUEL GIORNO
D’AUTUNNO MI RIPORTÒ INDIETRO NEGLI
ANNI:
TROVARE QUEL
PEZZO DI BAMBOLA MI RICORDÒ LE FORTI
EMOZIONI DI ALLORA.
Sentii una
spinta incontrollabile a trovare i
pezzi mancanti.
Ero euforica
quando, girando qua e là riuscii a
ricostruire la bambola interamente.
C’era tutto. La
testa, il tronco due braccia, due
gambe.
Era alta circa
50 cm, in materiale plastico, capelli
chiari corti, occhi mobili.
La testa e le
gambe furono subito ricomposte perché
erano a incastro, ma le braccia
necessitavano dell’ausilio di un
elastico.
Non vedevo l’ora
di tornare a casa per avere finalmente
ricomposta la mia bambola.
PERCHÉ ERA STATA
FATTA A PEZZI? PERCHÈ SPARSI IN PUNTI
DIVERSI DEL BOSCO? A CHI ERA
APPARTENUTA?
IL MIO PENSIERO
ANDÒ OLTRE L’OGGETTO, ARRIVÒ ALLA
BIMBA CHE L’AVEVA POSSEDUTA… ALLA SUA
STORIA.
Intuii che c’era
qualcosa di strano e di impercettibile
nel sentimento di gioia che provai.
Trascorsero da
allora molti anni, ebbi altri figli, 4
femmine e un altro maschio e ogni anno
a S. Lucia potevo comprare bambole per
loro senza per questo sentirmi
ridicola.
Il vero problema
sorse quando l’ultima figlia diventò
grandicella.
Nessuna di loro
aveva mai avuto una grande passione
per le bambole, infatti erano state
giocate pochissimo, a parte le Barbie.
Per fortuna nel
mio giardino c’era un vecchio pollaio
che, dopo una scrupolosa opera di
ristrutturazione diventò la mia "CASA
DI BAMBOLE".
Decisi così, con
mio marito, di iniziare una vera
collezione.
Non avevo ben
chiaro il concetto di collezione,
sapevo però che in questo modo avrei
potuto tenerle… PER SEMPRE.
Andavo spesso in
negozi di giocattoli, era la mia meta
preferita.
Non ne comprai
però nessuna.
Non mi attirava
l’idea di acquistare una bambola in
scatola; un giocattolo nuovo non
rappresentava niente per me.
HO SEMPRE VISTO
IN QUESTO SPLENDIDO OGGETTO LUDICO UN
POTERE MAGICO CHE VA OLTRE IL GIOCO,
CHE ENTRA NELL’ANIMA DELL’INFANZIA.
Alla magistrali
le mie materie preferite erano la
Psicologia dell’età evolutiva, la
Pedagogia e la Filosofia.
Mi affascinava
tutto ciò che penetrava nell’anima e
lo studio dei comportamenti, il modo
diverso di vivere le stesse emozioni.
Quando andai in
pensione mi dilettai a leggere Freud,
il suo pensiero, le sue opere.
Condivisi in
pieno la sua teoria sull’importanza
che il vissuto dell’infanzia ha nella
vita adulta dell’uomo.
IL GIOCO È LA
PIETRA MILIARE DELL’INFANZIA
IL BAMBINO GIOCA
LA BAMBINA GIOCA
CON LA BAMBOLA
OGNI BAMBOLA
GIOCATA HA IL VISSUTO DI UNA BAMBINA.
In quegli anni
cominciai a frequentare i mercatini
che periodicamente facevano i
volontari dell’ "OPERAZIONE MATO
GROSSO".
Era un modo
simpatico di fare beneficenza
acquistando ciò che altra gente aveva
buttato.
La bambola era
l’oggetto che nessuno comprava. Una
mamma non porta a casa alla propria
figlia una bambola sporca, rotta,
malconcia.
Così decisi di
comprare tutte le bambole che c’erano
che, altrimenti, sarebbero state
incenerite.
Ogni volta
tornavo a casa con trenta, quaranta,
cinquanta bambole tutte da lavare,
disinfettare, ricostruire, aggiustare,
pettinare, vestire.
Mi mettevo
subito al lavoro e mi fermavo solo
quando tutte avevano riacquistato un
aspetto decente, presentabile.
UNA BIMBA
GIOCHEREBBE CON QUESTA BAMBOLA ORA?
QUESTO ERA L’INTERROGATIVO CHE MI
PONEVO E L’OBIETTIVO CHE DOVEVO
RAGGIUNGERE.
Cominciai a
improvvisarmi sarta ritagliando pezzi
di stoffa, a cucire a macchina, a
lavorare all’uncinetto.
Dovevo imparare
a confezionare abiti per loro.
Per circa 10
anni trovai sempre al mercatino
abbastanza bambole per mantenere vivo
questo interesse.
Poi,
improvvisamente, mi resi conto che ce
n’erano sempre meno: era iniziata per
il resto del mondo l’epoca del
collezionismo? O le bambine non
avevano più bambole da buttare perché
non le compravano proprio?
Di certo era
iniziata una commercializzazione tra
collezionisti delle bambole FURGA
perché la ditta, come quasi tutte le
altre ditte di bambole di Canneto
sull’Oglio, aveva chiuso i battenti.
Era anche vero
che le bambine non volevano più
bambole per giocare.
Solo la Barbie
continuava ad essere giocata e di
conseguenza buttata.
Con la
complicità di mio marito, cominciammo
ad informarci sui vari mercatini delle
pulci della provincia di Bergamo e di
Brescia, fino a quelli di tutta la
Lombardia.
Lì era ancora
possibile trovare bambole reperite
dalla sgombero di cantine e solai.
Cominciai così a
riconoscere le varie marche, a
distinguere grossomodo i diversi
materiali utilizzati, a collocarle nel
tempo e ad ampliare la mia conoscenza
in materia.
Pur restando
sempre vivo il mio interesse primario
che ogni volta mi fa fantasticare
sulla loro storia, ho deciso di
catalogarle fotografandole tutte.
È un lavoro
lungo, impegnativo e non è di certo il
lavoro che preferisco, ma è diventato
indispensabile per riuscire a
ricostruire l’evoluzione di questo
splendido oggetto ludico.
LA MIA RACCOLTA,
PERCHÉ DI QUESTO SI TRATTA NON É
USUALE.
Non ha niente a
che vedere con l’opera del vero
collezionista che compra, vende,
scambia.
Non avrei mai
potuto rivendere o buttare o scambiare
nessuna delle BAMBOLE ABBANDONATE CHE
HO RACCOLTO.
Mi hanno regalo
molte emozioni, gratificazioni,
addirittura sensazioni paranormali.
Ho poi imparato
in qualche modo a utilizzare il
computer e, scoperto il sito Ebay, ho
acquistato alcune bambole all’asta.
OGGI HO CIRCA
4000 BAMBOLE ABBANDONATE.
PERCHÉ
ALLESTISCO MOSTRE?
Con queste
mostre, dove purtroppo posso esporre
una quantità limitata della mia
collezione vorrei riuscire a far
riappassionare le bimbe di oggi al
maternage che per me resta il vero
gioco della bambola.
Purtroppo oggi
le fabbriche di bambole Italiane non
ci sono più e sul mercato del
giocattolo sono rimaste poche varietà
di bambola.
UN TUFFO NEL
PASSATO QUINDI, QUANDO L’INDUSTRIA
DELLA BAMBOLA ITALIANA ERA FAMOSA A
LIVELLO MONDIALE E MANDAVA MESSAGGI
POSITIVI ALL’INFANZIA FEMMINILE.
Inoltre posso
cominciare, anche se per un tempo
limitato, a raccogliere fondi per le
missioni che si occupano di bambini
abbandonati.
Queste bambole
abbandonate hanno un unico scopo:
AIUTARE I
BAMBINI ABBANDONATI.
Le ho raccolte,
curate, rivestite, aggiustate perché
servano a chi veramente raccoglie
bambini per strada per dare loro un’
educazione e un futuro.
SE UN GIORNO MI
SARÀ POSSIBILE REALIZZARE IL SOGNO
DELLA MIA VITA CHE È APRIRE UN MUSEO
DOVE POTER ESPORRE TUTTE LE MIE
BAMBOLE ABBANDONATE SARÀ CON QUESTO
UNICO FINE.
BAMBOLE
ABBANDONATE PER BAMBINI ABBANDONATI
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