Francesca Santucci

L'Annunciazione

 

Simone Martini, l’Annunciazione fra Sant’Ansano e Santa Massima, 1333.

 

L`annunzio a Maria

Nel sesto mese, l`angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".  A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L`angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell`Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre  e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". 34 Allora Maria disse all`angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". 35 Le rispose l`angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell`Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.  Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio ". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l`angelo partì da lei.

 

(Vangelo secondo Luca, I, 10)

Secondo il racconto biblico, Dio invia l’arcangelo Gabriele a Maria per annunciarle la nascita di un figlio, concepito dallo Spirito Santo; dapprima spaventata e turbata, poi Maria si inchina alla volontà di Dio.
Pagina altissima di mistica e poesia, l’Annunciazione è uno dei temi più affascinanti dell’intero Vangelo di Luca, l’unico dei canonici a narrare l’episodio, punto di snodo della storia cristiana. Soggetto che ben si presta all’evocazione di un contesto ambientale realistico e ricco di dettagli, artisticamente è stata variamente interpretata nei secoli, offrendo sempre l’occasione per ritrovare profonde suggestioni, riuscendo la sensibilità dei pittori e degli scultori a cogliere di volta in volta le reazioni psicologiche di Maria, la natura affascinante dell’Angelo, la volontà di Dio, l’arredo, il riverberarsi della scena su altri personaggi, i dettagli descrittivi.
Il tema iconografico dell’Annunciazione, che presenta, appunto, l’apparizione dell’arcangelo Gabriele alla Vergine, fu molto diffuso nell’arte del Trecento e si arricchì di un ampio repertorio nutrito di particolari emblematici.
L’angelo solitamente tiene in mano un giglio, noto simbolo di purezza, tuttavia nella pittura senese, per esempio nella fulgida Annunciazione di Simone Martini, reca un ramo di ulivo: il giglio, infatti, era anche il simbolo di Firenze, nei confronti della quale Siena aveva una ben radicata ostilità.
Simone Martini, pittore estremamente raffinato, fu molto ammirato dal Petrarca che, come apprendiamo dal Vasari nelle "Vite", gli dedicò due sonetti:


Fu dunque quella di Simone grandissima ventura vivere al tempo di Messer Francesco Petrarca, et abbattersi a trovare in Avignone alla corte questo amorosissimo poeta desideroso d’avere la imagine di Madonna Laura di mano di maestro Simone; perciò che avutala bella come desiderato avea, fece di lui memoria in due sonetti:

77

Per mirar Policleto a prova fiso

con gli altri ch'ebber fama di quell'arte

mill'anni, non vedrian la minor parte

de la beltà che m'ave il cor conquiso.

Ma certo il mio Simon fu in paradiso

(onde questa gentil donna si parte),

ivi la vide, et la ritrasse in carte

per far fede qua giú del suo bel viso.

L'opra fu ben di quelle che nel cielo

si ponno imaginar, non qui tra noi,

ove le membra fanno a l'alma velo.

Cortesia fe'; né la potea far poi

che fu disceso a provar caldo et gielo,

et del mortal sentiron gli occhi suoi.

 

78

Quando giunse a Simon l'alto concetto

ch'a mio nome gli pose in man lo stile,

s'avesse dato a l'opera gentile

colla figura voce ed intellecto,

di sospir' molti mi sgombrava il petto,

che ciò ch'altri à piú caro, a me fan vile:

però che 'n vista ella si mostra humile

promettendomi pace ne l'aspetto.

Ma poi ch'i' vengo a ragionar co llei,

benignamente assai par che m'ascolte,

se risponder savesse a' detti miei.

Pigmalïon, quanto lodar ti dêi

de l'imagine tua, se mille volte

n'avesti quel ch'i' sol una vorrei.

 

Simone Martini nel 1333 dipinse per la cattedrale senese, insieme al cognato Lippo Memmi, autore dei due Santi laterali, l’Annunciazione fra Sant’Ansano e Santa Massima, uno dei capolavori dell’arte gotica, conservata oggi agli Uffizi, mancante, purtroppo, del tondo centrale in alto, con la raffigurazione del Padreterno, andato perduto.

Simone Martini, l’Annunciazione fra Sant’Ansano e Santa Massima, 1333 (particolare).

Imprimendo un’impostazione ritmica al dipinto, basato su linee di contorno sinuose, in penetrazione psicologica dei personaggi, con la squisita eleganza esecutiva che gli era propria, Simone Martini immortalò, in un bagliore di oro, contro il fondo divino, figure quasi irreali, la Vergine, timida e schiva, raffigurata nell’atto di ritrarsi turbata (la conturbatio, il momento di turbamento, addirittura spavento) con un gesto scontroso delle spalle e del braccio destro, dinanzi al fulgido arcangelo Gabriele (che nell’iconografia ha il compito di annunciare la nascita di Giovanni Battista e di Gesù), con il mantello, ancora svolazzante, appena giunto al suo cospetto, con indosso una veste di colore dorato, che riflette il suo appellativo di "messaggero della luce",  un ramoscello di ulivo fra le mani, simbolo della pace universale che si diffonderà sulla terra dopo la venuta del Salvatore.
La Vergine, dal volto giovane, sottile e aristocratico, è seduta su un ricco trono intagliato con motivi decorativi, sullo schienale del sedile è appoggiato un prezioso drappo ornato con motivi floreali dorati su fondo rosso; sorpresa dall'apparizione del messaggero celeste, che le ha sussurrato "Ave Maria, gratia plena", mentre stava leggendo (la mano è, infatti, appoggiata sul libro), si ritrae con un moto di sgomento ed umiltà.
Sullo sfondo campeggia un vaso con gigli (in epoca medievale il giglio divenne attributo dell’arcangelo, simbolo di purezza e castità, associato all’astro lunare sul quale Gabriele esercita il proprio dominio), in alto, in volo, circondata da una corona di cherubini, la colomba dello Spirito Santo, simbolo della grazia divina dispensata sulla terra proprio dall’amore della Vergine.
Le ali dell’angelo, dipinte con perizia da miniaturista, la quadrettatura del mantello, il motivo della veste, il messale con il bordo decorato, il magnifico vaso che contiene i gigli, la colomba, circondata dai cherubini ad intensificare la sacralità del momento, le fisionomie eleganti dei personaggi e l’accuratezza dei particolari, tutto è raffinata bellezza in questo dipinto, e nell’interpretazione lirica del gotico senese, offerta da Simone Martini, l’evento miracoloso diviene una rappresentazione dalla perfezione quasi astratta.

Protovangelo di Giacomo

 dal vangelo apocrifo di Giacomo (II-IV sec.)

XI

[11, 1] Presa la brocca, uscì a attingere acqua. Ed ecco una voce che diceva: "Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne". Essa guardava intorno, a destra e a sinistra, donde venisse la voce. Tutta tremante se ne andò a casa, posò la brocca e, presa la porpora, si sedette sul suo scanno e filava. [2] Ed ecco un angelo del Signore si presentò dinanzi a lei, dicendo: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia davanti al Padrone di tutte le cose, e concepirai per la sua parola". Ma essa, all'udire ciò rimase perplessa, pensando: "Dovrò io concepire per opera del Signore Iddio vivente, e partorire poi come ogni donna partorisce?". [3] L'angelo del Signore, disse: "Non così, Maria,! Ti coprirà, infatti, con la sua ombra, la potenza del Signore. Perciò l'essere santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio dell'Altissimo. Gli imporrai il nome Gesù, poiché salverà il suo popolo dai suoi peccati". Maria, rispose: "Ecco l'ancella del Signore davanti a lui. Mi avvenga secondo la tua parola".

Dal Protovangelo apocrifo di Giacomo (di cui la Chiesa ha accettato molti dei dati storici contenuti), scritto in Greco, non posteriore al 150, classificato fra i Vangeli Apocrifi, redatti fra il I ed il II secolo dopo trasmissione orale, che fa parte dei Vangeli dell'Infanzia, è tratta, invece, la rara iconografia, diffusa in ambito bizantino, che ambienta l’Annunciazione accanto a un pozzo.
Le prime icone rappresentano l’Angelo e la Vergine l’uno di fronte all’altro, in muto dialogo di occhi e mani; talvolta la mano di Maria si protende per indicare riserbo e distacco, oppure si ripiega sul petto in segno di sottomissione e consenso.
Generalmente l’Annunciazione ispirata dal Protovangelo di Giacomo si articola in due momenti: una prima volta l’arcangelo appare accanto al pozzo a Maria che attinge l’acqua, successivamente all’interno della casa, dove è intenta a filare la porpora per il velo del Tempio, velo che è il corpo di Gesù incarnato in lei.

 

Mosaico con Storie del Nuovo testamento: Annuncio a Maria, XII secolo,

Venezia, Basilica di San Marco.

L’Angelo appare, qui, a Maria appena fuori la porta di casa, Maria è intenta ad attingere da un pozzo l’acqua (l’acqua ha un forte ruolo simbolico nelle Scritture, come confermano le parole di Gesù alla Samaritana presso il pozzo di Giacobbe: chi beve l’acqua vive dell’insegnamento cristiano non avrà più sete spirituale) con una brocca (simbolo della Madonna che, al momento dell’Annunciazione, si prepara ad essere a sua volta "recipiente" di Gesù).
Al saluto dell’Angelo la Vergine si guarda intorno spaventata perché, inizialmente, non comprende da dove provenga la voce, poi, rassicurata dalle parole della creatura celeste, s’inchina al volere divino.

 

1120, circa, Mosca, Galleria Tret’jakov.

In quest’icona, risalente al 1120 circa, il cui fondo e nimbi dorati andarono persi durante il trasporto da Novgorod a Mosca, l’arcangelo, con dolce fermezza, tende il braccio benedicente verso la Vergine che, a capo chino verso di lui, ricambia il saluto con la mano destra.
La Vergine ha i piedi appoggiati su una pradella (particolare utile, questo, ad esaltare la sua dimensione sacra), indossa una tunica di colore verde-blu, ad indicare la sua natura umana, ed un manto rosso scuro, simbolo della regalità della quale è stata investita.
Nella mano sinistra ha una matassa, dal cui filo sembra dipanarsi la Vita: il Bambin Gesù che tiene fra le pieghe del manto.

 

Andrei Rublëv e aiuti, Annunciazione, 1408,

Mosca, Galleria Tret’jakov.

 

Andrei Rublëv, il famoso "pittore degli angeli", nacque in Russia verso la a metà del XIV secolo, probabilmente nel 1360 (morì intorno al 1430 a Mosca), quando la chiesa ortodossa si stava consolidando e dimostrava rinnovato interesse anche verso le icone, poiché le loro dimensioni reali avevano grande presa sul popolo russo.
Poco si conosce delle sue origini, certo è che dal 1405 al 1422 lavorò per il pittore greco di icone Teofane, che ne riconobbe le doti di disegnatore e pittore
Umile monaco del monastero di Andronikov, nei pressi di Mosca, descritto come dolce ed umile, pieno di gioia e di luminosità", Rublëv segnò la nascita di un classicismo russo, animando le sue creazioni di toni soavi, fluidi e trasparenti, quasi acquerellati, riuscendo a conciliare un profondo realismo con la visione serena della divinità, rendendo le icone strumento di autentica espressione artistica.
Eseguì la maggior parte delle sue opere nel monastero di Troitsky Sergieva, dove successivamente si trasferì, diventando il più grande pittore di icone del suo tempo.
Nell’icona del 1408 il pittore scelse di rappresentare il momento solenne imprimendo alla composizione maggior movimento: qui, infatti, l’arcangelo corre verso la Vergine, che accoglie l’annuncio su un trono regale, mentre fila la matassa di porpora.

 

 

NOTE

27. Per Nazaret cfr. Mt 2, 23.

28. Piena di grazia, già prima che le fosse annunciata la divina maternità.

32. Cfr la promessa divina di un trono eterno a Davide in 2 Sam 7, 12-16.32

34. La conoscenza è il rapporto coniugale (cfr. Mt 1, 25). Il tempo presente indica l'intenzione - voto o proposito - di conservare la verginità.

35. Al tempo di Mosè una nube adombrava l'arca dell'alleanza per indicare la presenza di Dio.

37. Cfr. Gn 18, 14.

 

BIBLIOGRAFIA

La Sacra Bibbia, edizione ufficiale della CEI, Roma, 1980.

La pittura italiana, Electa, Milano, 1997.

Episodi e personaggi del Vangelo, I parte, Electa, Gruppo editoriale L’Espresso, Roma, 2004.

La grande storia dell’Arte, Il Gotico, 2, Gruppo Editoriale l’Espresso, Roma, 2003.

La natura e i suoi simboli, I parte, Electa, Gruppo editoriale L’Espresso, Roma, 2004.

I grandi pittori, Istituto Geografico De Agostini, Rinascimento, I parte, Novara, 1986.

Icone e Santi d’Oriente, I parte, Electa, Gruppo editoriale L’Espresso, Roma, 2004.

I Vangeli apocrifi, Einaudi, Milano, 1997.

Vasari, Le Vite, I Mammut, Newton, Roma, 1993.