Francesca Santucci

AIDA

di Giuseppe Verdi

 

...qui lontano da ogni umano sguardo, nelle tue braccia desiai morire...

 

La marcia trionfale dell’Aida, rappresentata per la prima volta al Cairo il 24 dicembre del 1871, fu l’opera che consacrò definitivamente la gloria di Giuseppe Verdi.
La vicenda derivò da uno scenario scritto dall’egittologo francese Auguste Mariette, dipendente del Kedivé d’Egitto, che aveva ricevuto l’incarico di occuparsi di un’opera per celebrare l’apertura del Teatro lirico del Cairo, costruito per festeggiare l’inaugurazione del canale di Suez.
Con notevole acume e senso pratico, Mariette accantonò l’archeologia e abbozzò una trama convenzionale in cui sottolineava la spettacolarità richiesta dall’occasione, proponendo uno scenario in cui i soggetti sembrano quelli tipici degli anni Quaranta: il tradizionale triangolo amoroso, reso più ingombrante dalla presenza della figura paterna, pure tradizionale, e da una specie di tutore qual è Ramfis nei confronti di Radamès e Amneris.
Mariette nel 1870 offrì il soggetto al librettista Du Locle affinché gli desse una forma teatrale, e Verdi si attenne, poi, quasi fedelmente allo scenario di Mariette, limitandosi a cambiare il coro iniziale dei sacerdoti e riscrivendo il III atto in modo da rendere involontario il tradimento di Radames e spostando l’azione di notte sulle rive del Nilo.
La prima parte del II atto fu ambientata negli appartamenti di Amneris creando un netto contrasto con la scena successiva; nella scena finale Verdi ebbe l’idea, invece, di dividere il palcoscenico in due parti, facendo partecipare Amneris e il coro al Duetto di Aida e Radamès.
Questa la storia: gli Etiopi hanno invaso l’Egitto. Radamès, consacrato condottiero, parte alla testa dell’esercito. Egli ama Aida, schiava di Amneris, la figlia del Faraone, che ignora essere Aida figlia del re nemico. La vittoria arride agli Egizi e Radamès riceve in premio la mano di Amneris ma, per amore di Aida, si fa involontario traditore. Scoperto, vuole fuggire con Aida ma, ripreso, è processato e condannato a morte: sarà sepolto vivo insieme ad Aida sotto l’altare di Fthà.
In Aida l’ambiguità delle situazioni consente un profondo scavo psicologico, perché l’accento è posto non sui caratteri dei personaggi ma sulle situazioni ed i conflitti interiori che suscitano nell’animo dei protagonisti.
Su Aida e Radamès agiscono Ramfis ed Amonasro che manipolano la situazione difficile in cui si trovano gli innamorati facendo leva sull’unico sentimento che, secondo Verdi, poteva contrastare l’amore: la fedeltà alla patria.
Amneris cerca di servirsi della ragion di stato e della sua posizione sociale per annientare la rivale in amore ma, similmente alla sua schiava, resta vittima di forze sulle quali si era illusa di poter avere il controllo; i sentimenti privati si scontrano qui con le ragioni della storia, e lo scontro è reso più acuto dalla mancanza di vincitori. Tranne Ramfis, infatti, i personaggi escono tutti sconfitti dalla vicenda: il piano di Amonasro fallisce e il re muore durante la fuga; Amneris si vendica della sua rivale ma perde l’amore di Radamès; Radamès, vincitore in battaglia, nella vita privata è uno sconfitto, solo oggetto di desideri femminili (in una situazione curiosamente “femminile” per un guerriero) e suscitatore di intrighi altrui; Aida può realizzare il suo sogno d’amore per il comandante egiziano non da libera ma nel chiuso della tomba (Presago il core della tua condanna/in questa tomba che per te s’apriva/io penetrai furtiva/e qui lontano da ogni umano sguardo/nelle tue braccia desiai morire).
In tutta l’opera si dipana una serie quasi ininterrotta di duetti, concatenati fra loro da richiami tematici, e tutto è essenziale per lo sviluppo del dramma, compreso il balletto; il recitativo tradizionale è sostituito da un libero fluire di idee melodiche, e la parola scenica lega un tema all’altro, una sezione all’altra. I numerosi temi ricorrenti che, come in nessun altra opera di Verdi, intessono una trama fitta di relazioni semantiche tra i vari atti e affidano all’orchestra una funzione narrativa, assumono una rilevanza strutturale nell’articolazione drammatica e contribuiscono a creare un’impressione di profonda unità.
Indimenticabili nell’immaginario collettivo restano numerosi passaggi ed arie: il Preludio esposto dai violini legato alla figura di Aida, il contrappunto orchestrale dei violoncelli che simboleggiano il minaccioso potere sacerdotale, la fanfara di trombe e tromboni che precede la celebre romanza di Radamès  Celeste Aida, estremo omaggio di Verdi alla tradizione della cavatina, l’elegante melodia dei violini che accompagna il tema d’amore, il tentativo di Amneris di circuire Radamès, la gelosia che esplode con un tema d’archi che è stato paragonato all’agitarsi di una fiera in gabbia.
Il successo di pubblico della prima di Aida al Cairo nel 1871 fu notevole, tanto che fruttò a Verdi il titolo di Commendatore dell’Ordine Ottomano, eppure l’opera scatenò pareri discordi nella critica- troppo occupata a confrontarsi con la novità wagneriana il cui Lohengrin veniva eseguito nello stesso anno- che non perdonò a Verdi l’uso di forme tradizionali, specialmente delle cabalette.
Così si sfogò Verdi:

Soltanto in questo momento è venuto di moda di gridare e di non volere le cabalette. E’ un errore uguale a quello di una volta che non si voleva altro che cabalette. Si grida tanto contro il convenzionalismo e se ne abbandona uno per abbracciarne un altro!Oh!i gran pecoroni!

E, sempre con la stessa foga, dopo il successo napoletano di Aida nel 1873, così scrisse alla contessa Clara Maffei:

Il successo di Aida fu franco, deciso, non avvelenato coi se e coi ma …e colle crudeli frasi di wagnerismo, di avvenire, di melopea, etc, etc. Il pubblico si è abbandonato alle sue impressioni ed ha applaudito. Ecco tutto! Egli ha manifestato quello che ha sentito senza arrière pensée!  E sapete perché?…Perché qui non ci sono i critici che la fanno da apostoli.


Dopo il personaggio di Violetta fu questo il secondo personaggio verdiano ad essere rappresentato dalla grande soprano greca,
Maria Callas,
, che seppe rendere con impeccabile maestria il dramma della donna divisa tra il suo popolo e l'uomo che ama, imprimendo con le sue eccelse doti vocali accenti di alta interpretazione drammatica.

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